Donata Roma
Mara ha 28 anni, la vedo dal 2011. “Vengo perché “non ho fondamenta, voglio trovare le mie fondamenta.”
Quando si sveglia è assalita da pensieri di morte. Quando sono con gli altri, io divento gli altri e poi però non mi ritrovo più. Mia madre mi diceva che bisogna ascoltare e dare spazio agli altri. Ma io divento trasparente.” Laureata in lettere, fa fotografie.”
Dagli 10 anni ai 20 anni catalogava tutti i ricordi, si ricordava ogni cosa nei minimi particolari e in fondo fare la fotografa è catalogare tutto quello che succede, rimane sulla pellicola. Catalogare tutta la vita mi tranquillizzava. Mio padre quando è morta sua madre mi parlava per ore dei ricordi che aveva con sua madre, vivevamo nei ricordi di mio padre. Ed è da lì che io ho cominciato a catalogare tutti i ricordi. In fondo fare fotografie è catalogare tutto”. Aggiunge. “Fare le fotografie è non morire, è l’infinito”.
Come la psicoanalisi si inventa per farsi partner di un soggetto
Mara sta guidando l’analista a scoprire cosa la tranquillizza oltre che fare l’amore in modo totalizzante, cioè come mettersi a distanza dal reale: fare fotografie e leggere. Ma fare le fotografie non le permette di essere autonoma economicamente e questo le è insopportabile. La sostengo perché possa trovare un lavoro che centri con il suo essere fotografa, però che anche le permetta di mantenersi. Fa un concorso per insegnare fotografia a scuola e lo vince. Questa nomina “insegnante di fotografia” le permette di mantenersi, ma non le dà le fondamenta. Sconfigge i pensieri di morte, il non senso della vita, invece, quando le commissionano dei lavori come fotografa, la nominazione “fotografa” ordina il suo mondo, si identifica con una funzione sociale. Jacques-Alain Miller nell’articolo Effetti di ritorno sulla psicosi ordinaria, scrive: “Lacan dice che, ai nostri giorni, il Nome-del-Padre è il fatto di ricevere una nomina, venire assegnato, essere nominato a una funzione.”
Il presidente della SLP mi aveva proposto di partecipare al dibattito preparatorio al Convegno della SLP, ma le urgenze dell’istituzione scuola dove lavoro, mi facevano rimandare di mettermi al lavoro sul tema del Convegno, il mio desiderio non era abbastanza deciso. Poi la lettera di Miller al presidente della SLP, Paola Bolgiani, “vengo a Torino in occasione del Convegno”, è stata una forte scossa. Una scossa ancora più forte sono state le parole di Miller: “Come d’abitudine, gli Italiani stanno in riserva. Tuttavia, l’Italia conta. Conta innanzi tutto per la qualità dei lavori scritti dai membri della SLP. ”
Queste parole hanno colpito nel segno e mi hanno fatto stare sveglia una notte per dare un mio piccolo contributo.