Raffaele Calabria

Sull’esempio della rivista dell’ECF “La cause du desir”, ho scelto la seguente citazione di Lacan da commentare: “Ciò che Socrate sa, e che l’analista deve almeno intravedere, è che a livello dell’a piccolo la questione è completamente diversa da quella dell’accesso a un qualche ideale. L’amore non può che girare intorno a quest’isola, questo campo dell’essere. E l’analista può solo pensare che a occuparlo può essere un oggetto qualsiasi. Ecco dove noi analisti siamo indotti a vacillare, su questo limite dove con qualsiasi oggetto, una volta entrato nel campo del desiderio, si pone la questione: Che cosa sei tu? Non c’è oggetto che abbia più valore di un altro: è qui il lutto attorno al quale è centrato il desiderio dell’analista.”(J. Lacan, Il Seminario, Libro VIII, Il transfert, 1960-1961, Ed Einaudi, Torino, 2008, pag 433).

Siamo alla conclusione del Seminario, nell’ultima lezione intitolata da Miller “L’analista e il suo lutto”. Quale commento possibile? Propongo alcuni brevi orientamenti di lettura:

– ci sono cure che si sostengono su degli ideali, quali quelle propugnate dal mondo psi contemporaneo che hanno di mira il benessere del soggetto, la soppressione dei sintomi e la valutazione e classificazione ad ogni costo. La psicoanalisi è, invece, al livello dell’a piccolo, e sottolineo piccolo, cioè ciò che caratterizza in primo luogo la particolarità di ogni soggetto; ed è a partire da questo livello che essa ingaggia una progressiva distanza tra l’Ideale e l’a piccolo, facendo del rapporto tra i due un non-rapporto. In effetti si entra in analisi in una condizione di criticità con i propri ideali: i sintomi testimoniano della loro irraggiungibilità e le identificazioni non riescono a sostenerne l’impalcatura. E si esce riconoscendo l’incolmabilità della distanza tra I e a.

– L’a piccolo è configurato da Lacan come un’isola, un campo dell’essere che, proprio in quanto isola, è un fuori-legame, tutto solo, segno e precursore di un godimento autistico singolare. In più è un oggetto qualsiasi che, non appena entra nel campo del desiderio, pur se brilla per la sua fascinazione ha come contraltare l’equivalenza con altri oggetti. Non c’è oggetto che valga più di un altro e ciò lo pone al di fuori da ogni commistione con l’ideale.

– Da cosa è caratterizzato il desiderio dell’analista? Dall’aver fatto il lutto degli ideali attraverso lo svuotamento lento ed inesorabile delle identificazioni che hanno fatto da piedistallo alla loro accattivante malia, e il lutto corrispettivo della credenza che ci sia un oggetto che abbia più valore di un altro. Il Che cosa sei tu? è rivolto proprio a colui che si trova ad occupare il posto di oggetto nella sua funzione di analista. In fondo, dalla perdita dell’Ideale alla perdita dell’oggetto è il percorso che necessita affinché ci si possa avvicinare a rendere efficace il desiderio dell’analista che è “un operatore variabile che indica, per ciascuno, l’orientamento del proprio desiderio”, come scrive Pierre Naveau nel suo testo per Scilicet 2014.