Chiara Mangiarotti
In Televisione Jacques Lacan assimila la posizione dell’analista a quella del santo: “Un santo, per farmi comprendere, non fa la carità. Piuttosto si mette a fare lo scarto: fa la scartità.” Fa lo scarto ovvero, chiosa Jacques Alain Miller, “L’oggetto (a) incarnato” [1]. Continua Lacan, “Questo per realizzare ciò che la struttura impone, e cioè permettere al soggetto, al soggetto dell’inconscio, di prenderlo come causa del suo desiderio.” [2] Come precisa Éric Laurent, incarnare l’oggetto anon significa “’fare sembiante’ dell’oggetto a, come si dice a volte: l’oggetto aè sembiante. Si tratta al contrario di incarnarlo di presentarlo con sufficiente consistenza.” [3]
Per comprendere come lo psicoanalista possa giungere ad occupare questa posizione, è illuminante un testo di Lacan pubblicato nel 1979, Joyce il sintomo. Qui Lacan si pone la domanda se Joyce sia un Santo: vi risponde negativamente: “Joysce troppo dell’S.Ca.bello per esserlo, della sua arte ha art-goglio smisurato” [4]. Joyce gode dell’S.Ca. bello, nome che Lacan ha dato alla sua creazione artistica, per questo non è un santo. E continua “A dire il vero non c’è un Santo-in-sé, c’è solo il desiderio di cesellare quella che si chiama la via, la via canonica […]Infatti non c’è una via canonica per la santità, malgrado la volontà dei Santi; non c’è una via che li specifichi che faccia dei Santi una specie. C’è solo la scabellostrazione, ma la castrazione dello sgabello si compie esclusivamente con la escappata (escapade). C’è Santo solo a non voler esserlo, solo se si rinuncia alla santità.” [5]
Non esiste una via canonica per la santità, così come non c’è via canonica per giungere a occupare la posizione di psicoanalista, non c’è la specie dei santi così come non c’è quella degli psicoanalisti. C’è un desiderio, desiderio di tracciare la via della santità, di incarnare l’oggetto asecondo uno stile che può essere solo singolare, proprio ad ognuno. L’analista, a differenza dell’analizzante, non gode della parola, vi rinuncia, sfugge al godimento della parola, scende dallo sgabello della sublimazione, del discorso, in questo c’è castrazione dello sgabello. Come afferma Lacan in Televisione“Che ciò abbia un effetto di godimento – chi non ne ha il senso con il goduto? Solo il santo resta a secco: nisba per lui. È questo che più stupisce nella faccenda. Stupisce coloro che nell’accostarla non si ingannano: il santo è lo scarto del godimento.” [6]
Alla fine di un’analisi parliamo di “caduta dell’oggetto”, ci riferiamo a seno, feci, sguardo, voce. Non diciamo che il fallo “cade”, piuttosto notiamo una “defallicizzazione”. E l’oggetto niente, l’oggetto attraverso il quale Lacan ha mostrato la radicalità del desiderio, che trasformazione subisce? Non è proprio il niente che l’analista incarna attraverso una sorta di sublimazione al secondo grado? L’analista non potrà che riderne. Lacan, a proposito del personaggio di Bloom nell’Ulisse di Joyce, collega il riso del santo alla farsa. La struttura della farsa, afferma Laurent, si distingue da quella del motto di spirito: il riso che provoca riguarda l’oggetto e non il fallo e implica una femminilizzazione. Riprendendo le parole di Lacan “Che il Santo ne rida dice tutto” [7], Laurent sottolinea come il riso del santo venga al posto dell’al di là del fallo, impossibile da dire “tutto” e come esso sia un riso di vita contrapposto alla minaccia di morte che aleggia nell’Ulisse [8].
Un riso vivificante, quello del “analista santo”. Un riso che potrebbe avere un potere straordinario: “In più santi si è, più si ride è il mio principio, addirittura l’uscita dal discorso capitalistico – il che non costituirà un progresso se riguarderà solo alcuni.” [9]. Una utopia? Forse. Di sicuro la strada per avvicinarvisi passa attraverso il transfert di lavoro, erede del transfert alla fine di una analisi, corollario del desiderio dell’analista nella Scuola Una.
[1] J. Lacan, Televisione, in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 515.
[2] Ibid.
[3] É. Laurent, Ritratto di Joyce da Sant’uomo, in “La Psicoanalisi” n. 61, p. 92.
[4] J. Lacan, Joyce il Sintomo, in Altri scritti, cit., p. 559.
[5] Ibid.
[6] J. Lacan, Televisione, in in Altri scritti, cit., p. 515.
[7] J. Lacan, Joyce il Sintomo, in Altri scritti, cit., p. 559
[8] É. Laurent, Ritratto di Joyce da Sant’uomo, in “La Psicoanalisi” n. 61, cit., p. 92.
[9] Ibid.