Adelia Natali
Zadig è un racconto filosofico di Voltaire ambientato in oriente durante il medioevo e prende il nome dal suo protagonista, il cui significato è “giusto”, “retto”.
La tematica di questa storia è non solo una critica che Voltaire rivolge al sistema politico e religioso della società del suo tempo, ma anche quella della ricerca della felicità ostacolata dagli interessi di questo stesso sistema; riportando tutto in concetti a noi più familiari, mi risuona come qualcosa che ha proprio a che fare con quello che Jacques Lacan ci ricorda nel suo seminario sull’etica della psicoanalisi, dove dice che “l’unica cosa di cui si possa essere colpevoli, perlomeno nella prospettiva analitica, sia di aver ceduto sul proprio desiderio”. [1]
Quindi nell’illuminismo Voltaire scriveva già di etica, denunciando un eccesso di noncuranza, permissivismo, indulgenza, mollezza e rilassatezza generalizzata; tutto questo lassismo permetteva che la classe dirigente francese e la Chiesa non incontrassero nessun ostacolo al loro potere ingiusto e corrotto.
Lacan, come Voltaire – potremmo dire – attraverso un atto essenzialmente etico, fonda una sua Scuola per conservare, salvaguardare, difendere e dare nuova linfa alla scoperta freudiana, riportando, come scrive nell’Atto di fondazione “[…] la prassi originale da lui istituita con il nome di psicoanalisi al compito che a essa spetta nel nostro mondo […]”.[2]
Allo stesso modo, Jacques-Alain Miller ha inventato, creato, istituito, dopo eventi politici preoccupanti, Movida Zadig, Zero Abjection Democratic International Group, con la forza d’un importante atto politico per la clinica psicoanalitica, richiamando l’attenzione degli psicoanalisti, tutti insieme, alle cose del mondo; insomma è l‘ora della politica! E’ l’ora di Zadig!
E arriva anche una rivista dal nome evocativo: “Hérétics”.
Insomma, la felicità sta a Zadig di Voltaire, come il desiderio dell’analista sta alla psicoanalisi di Lacan!
Infatti solo il desiderio dell’analista, che è il frutto di un’analisi portata avanti fino al prodursi del suo nocciolo essenziale, può assicurarci l’esistenza della psicoanalisi.
Ora, quello che va sottolineato con forza è che la peculiarità di questa psicoanalisi, ciò che la caratterizza e la distingue è il suo avere a che fare con un inconscio che è essenzialmente politico.
E proprio perché recentemente sono accaduti fatti politici molto complessi e dalle ripercussioni sociali importanti, è più che mai fondamentale ripensare i discorsi lacaniani come ci sono stati presentati da Lacan stesso, dove il discorso della politica è anellato continuamente al discorso analitico e quindi riguarda tutti gli analisti della Scuola.
Insomma, Miller, con il movimento Zadig, riprende il timone del grande bastimento della psicoanalisi per farlo navigare in acque più sicure, per risollevarsi dall’abiezione, in nome della dignità e dell’etica. E noi ci auguriamo una buona navigazione, che come tutti i viaggi potrà incontrare ostacoli e imprevisti, ma la rotta da tenere è già stata indicata. Si tratta di seguirla, guidati dall’amore per la psicoanalisi.
[1]Jacques Lacan, IL SEMINARIO, Libro VII, L’etica della psicoanalisi, 1959-1960, Einaudi, Torino 2008, pag. 370
[2]Jacques Lacan, Atto di fondazione [1964], in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 229.