Anna Castallo

Nel suo discorso pronunciato il 24 aprile 1995, alla Columbia University di New York, nell’ambito delle celebrazioni per la Liberazione dell’Europa dal nazifascismo, Umberto Eco dice: “La prima caratteristica di un Ur-Fascismo è il culto della tradizione. Il tradizionalismo è più vecchio del fascismo. (…) nacque nella tarda età ellenistica (…). Nel bacino del Mediterraneo, i popoli di religioni diverse (…) cominciarono a sognare una rivelazione ricevuta all’alba della storia umana. (…) Tutti i messaggi originali contengono un germe di saggezza e quando sembrano dire cose diverse o incompatibili è solo perché tutti alludono, allegoricamente, a qualche verità primitiva. Come conseguenza, non ci può essere avanzamento del sapere. La verità è stata già annunciata una volta per tutte, e noi possiamo solo continuare a interpretare il suo oscuro messaggio (…).”[1]
Credo che gran parte del lavoro della psicoanalisi abbia a che fare con questo. C’è un tradizionalismo dell’inconscio, che si manifesta in diversi modi.
La supposizione di sapere che in una lunga fase della analisi anima il dire del soggetto è basata sulla convinzione di una qualche verità primitiva e sulla ricerca di un significato della realtà che il soggetto suppone preesistente al suo dire. Molto dell’avanzamento di sapere che si produce in quella fase appare come una scoperta di qualcosa di precostituito una volta e per tutte.
Più in generale, il soggetto cerca di creare le condizioni per poter credere ad un Altro completo o completabile: “Il fallo è ciò che fa sperare che la Cosa possa essere interamente riassorbita nell’Altro.Però non è il fallo che fa il rapporto sessuale. (…) Il fallo non riassorbe fino in fondo la Cosa, ci prova”.[2]In fondo il soggetto in questo modo cerca di creare le condizioni di un totalitarismo, un fascismo, e ciò che mette il soggetto a distanza dall’ottenimento di questo scopo gli appare sotto forma di una qualche insufficienza che si attribuisce. La supposizione della pienezza dell’Altro fa del soggetto un escluso, soluzione dolorosa certo, ma che spesso il soggetto sceglie, pur di mantenere il suo ordine del mondo e con esso una illusione di garanzia, di qualcuno o qualcosa di sovraordinato che garantisca per lui, anche a costo di essene immaginariamente il servo. Ad ognuno ampia libertà di creare i contesti immaginari in cui è servo dell’Altro, sebbene siano poi, per ognuno, sempre le stesse immaginarizzazioni -le prime che si sono formulate- quelle che tornano. Questo ritorno con il suo corredo immaginario, rievocazione della perdita che il soggetto ha incontrato nascendo al linguaggio, è un’altra forma di tradizionalismo.
La psicoanalisi opera proprio nella direzione della decostruzione degli archetipi che abitano l’inconscio e mira al punto in cui non esiste un Altro precostituito e non ha quindi più senso continuare a interpretare l’oscuro messaggio di una verità che sarebbe stata annunciata una volta per tutte; essa mira a quel punto in cui si può fare qualcosa di nuovo con l’erotizzazione che il soggetto ha fatto del trauma de lalingua. Il witz trova nuovi effetti di parola, perché il passatopossa diventare reinvenzione e magari passe.
Gli altri punti del discorso di Eco sono estremamente interessanti e vanno dalla paura delle differenze alla coltivazione della guerra, al rifiuto del disaccordo come mezzo di avanzamento ed altro, e per ognuno di essi si potrebbe dire qualcosa sulla forza antifascista della Psicoanalisi, ma per ora mi fermo qui.

[1] U. Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, 2018
[2] J.-A. Miller, Extimité, inedito, lezione dell’11 giugno 1986, traduzione nostra.