Massimo Termini
L’idea di qualcosa che si disarticola da un’altra, che attraversa un limite, che supera una soglia per passare a una dimensione differente, l’idea cioè di un uscire fuori da, senza per questo cancellare le tracce del legame con la condizione iniziale – che sebbene abbandonata rimane il riferimento in rapporto al quale, nel distacco, un termine di altro ordine si produce – è quanto ispira il concetto lacaniano di ex-sistenza[1]. Dire che qualcosa ex-siste significa affermare che ex-siste rispetto a qualcos’altro, a partire da un movimento che è insieme di astrazione e di estrazione, ed è questa particolare modalità di sussistenza che può essere attribuita al desiderio dell’analista.
Se per un attimo affianchiamo i due concetti, subito una prima formulazione si abbozza: il desiderio dell’analista è qualcosa che ex-siste. E, volendo indicare il riferimento in rapporto al quale ex-siste, non rimane che completare in questo modo l’affermazione: il desiderio dell’analista ex-siste al desiderio dell’analizzante; il suo campo di esistenza si costituisce estraendosi da lì, nel taglio, nella discontinuità.
Ma cosa implica formulare le cose in questo modo, se non considerare la categoria di ex-sistenza come una chiave di lettura da introdurre nel punto di massima investigazione in psicoanalisi? Come una categoria da instillare in quel passaggio cruciale isolato da Lacan nel momento della fine analisi? Conosciamo il modo con cui lo definisce: “il raccordo […] dove lo psicoanalizzante passa a psicoanalista”[2]. Ed è quanto può essere tradotto nei termini di un passaggio dove il desiderio dell’analista arriva ad ex-sistere fuori dalla logica, di per sé fantasmatica, che sostiene, per ciascuno, il proprio desiderio di analizzante.
Come immaginabile, molte sono le questioni che si raccolgono e si sviluppano intorno a questo punto. Dunque, mi limito a segnalarne una, e cioè come sia proprio l’ex-sistere a rendere conto del carattere specifico e inedito del desiderio dell’analista: un carattere incline al ‘disturbo’, un’inclinazione essenzialmente ‘disturbante’, che ben si rivela quando a sua volta è messo all’opera nella clinica. Possiamo dire che la modalità della sua produzione non manca di illuminare il modo della sua azione. Ex-sistere vuol dire infatti che il desiderio dell’analista si trova non soltanto svincolato dalla logica fantasmatica da cui si origina, ma che è anche animato da una cifra sostanzialmente irriducibile ad essa. Un’irriducibilità che quando è messa al servizio dell’operazione analitica non può che disturbare, portare scompiglio in un fantasma – quello dell’analizzante – che per quanto vacillante possa rivelarsi, oltre che offrire un sostegno al desiderio organizza anche la difesa del soggetto di fronte al reale. Le due operazioni, sostegno del desiderio e difesa dal reale, vanno di pari passo nell’inconscio, e dal momento che disturbare l’una vuol dire anche disturbare l’altra, allora il desiderio dell’analista può essere considerato come la funzione che imprime alla clinica un preciso orientamento, così delineato da J.-A, Miller: “concentrarsi sullo smontare la difesa e sullo scombussolare la difesa contro il reale”[3].
Rilevato tale aspetto, quel che tuttavia non può essere dimenticato o sorvolato è che proprio in ragione della sua azione di disturbo, di smontaggio, di scombussolamento, il desiderio dell’analista, l’esercizio della sua funzione, richiede un’attenta valutazione delle modulazioni che risultano opportune per ogni singolo caso. Fino a considerare che ci sono casi dove si tratta di mettere tra parentesi o sospendere la sua azione disturbante e di lavorare invece per sostenere delle difese già fin troppo disturbate. D’altronde, se come sottolinea P.-G. Guéguen, lo smontaggio della difesa suppone al contempo che una nuova costruzione venga al posto di ciò che è stato tolto, smontato, ed è quanto Lacan chiama sinthomo[4], ebbene non si può considerare che in alcuni casi sia proprio quest’azione di montaggio, di costruzione, ugualmente ascrivibile al desiderio dell’analista, a imporsi come priorità?
Funzione duttile la sua, sempre da affinare, il desiderio dell’analista non è che un “operatore variabile”[5], ogni volta da calibrare, che trova nel controllo l’occasione privilegiata per la sua verifica.
[1] Cfr. J.-A. Miller, “L’ex-sistence”, in La cause freudiennen. 50, 2002.
[2] Cfr. J. Lacan, Proposta del 9 ottobre 1967 sullo psicoanalista della Scuola, in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 250.
[3] Miller, “Un reale per il XXI secolo”, in Scilicet. Un reale per il XXI secolo, Alpes, Roma 2014, p. XXIV.
[4] P.-G. Guéguen, “Difesa (smontare la)”, in Scilicet. Un reale per il XXI secolo, op. cit., p. 46.
[5] P. Naveau, “Desiderio dell’analista”, in Scilicet. Un reale per il XXI secolo, op. cit