Un passaggio tanto affascinante, quanto utopico, come la storia ha dimostrato e continua a dimostrare.
Da questo testo freudiano Lacan prende le distanze nel Seminario Les non-dupes errent, mostrando la vanità di un approccio “scientifico” e razionale ad un fenomeno reale. «È folle quel che la scienza rifiuta! […] e che comunque esiste. Vale a dire la guerra. Sono tutti lì, i saggi, a spremersi le meningi: Warum Krieg? […] Non riescono a capirlo. […] Ci si mettono in due, Freud e Einstein. Non gioca a loro favore».
Lacan parte infatti dal reale della guerra che ci accompagna in modo costante come dimensione ineliminabile. Quindi non pensa tanto alla guerra come barbarie, come scatenamento della natura e dei suoi istinti in opposizione alla civiltà, costrittivamente pacifica e pacificante, come aveva in parte concettualizzato Freud, perché questa concezione dualista non fa i conti con la pulsione cha abita al cuore di ciascun soggetto e con il fatto che «ogni pulsione è pulsione di morte» (J. Lacan, Posizione dell’inconscio).
La guerra, come dice Lacan nel Seminario Le formazioni dell’inconscio, è una delle modalità del «commercio interumano», cioè del legame sociale. Addirittura è una di quelle più universali e più permanenti.
Testi di riferimento
S. Freud, Perché la guerra (carteggio con Einstein) [1932], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, vol. 11, pp. 287 – 302
J. Lacan, La psichiatria inglese e la guerra [1947], in Altri scritti, Torino, Einaudi, 2013, pp. 101-120
M. Brousse (a cura di), Guerre senza limite. Psicoanalisi, trauma, legame sociale, Rosenberg & Sellier, Torino 2017