BAMBINI, ADOLESCENTI

e gli adulti che se ne occupano

Miquel Bassols

Il mio intervento consisterà in un commento su quella che è stata questa giornata, molto fruttifera, di lavoro. Siamo infatti nel campo di interventi molto puntuali, interventi orientati dalla psicoanalisi, per applicare la psicoanalisi: abbiamo visto soprattutto che questo significa applicare un desiderio. Un desiderio di un soggetto che è orientato dalla psicoanalisi, ma soprattutto che è orientato dalla propria esperienza analitica. Abbiamo visto, soprattutto negli ultimi due testi, ma comunque in generale, come sia possibile pensare degli interventi molto localizzati, molto puntuali, a partire dal fatto che c’è un’esperienza analitica nella quale il soggetto si è confrontato, a che cosa? In fin dei conti dirò che si è confrontato alla propria posizione come soggetto di fronte al godimento, di fronte a quello che è l’elemento più segregato in ogni soggetto, e questo nelle forme più diverse.

Oggi non abbiamo parlato propriamente di domande d’analisi. Non sono domande ancora formalizzate come tali. La domanda d’analisi, come dice Lacan, è una domanda intransitiva, è una domanda di niente. Il soggetto mi domanda: questa è una domanda intransitiva e non è la domanda che abbiamo inizialmente. La domanda che abbiamo inizialmente è una domanda sempre transitiva, una domanda di qualcosa, di un oggetto. Domanda di gestire, domanda di sapere, di educare, di informare. La questione è come trasformare questa domanda transitiva, come dice Lacan ne La direzione della cura, in una domanda intransitiva, in cui il soggetto mi domanda. E per fare questo bisogna essere lì con una presenza che non domanda niente.

Non è facile arrivare a fare presente questa presenza nell’istituzione, se non si è passati attraverso un’esperienza analitica, in cui si fa esperienza di una sorta di esilio interiore, cioè del fatto di essere assenti da se stessi. Quando qualcuno arriva, nell’esperienza analitica, a essere assente da se stesso, diviso – perché il soggetto diviso è anche un soggetto assente in rapporto a quello che dice -, allora si può assicurare una presenza che non domanda. La posizione analitica è, in fin dei conti, la posizione di un vero analizzante, che ha fatto questa esperienza fino alle ultime conseguenze e sa allora operare con le domande transitive per far apparire il desiderio, il desiderio che è racchiuso nella domanda transitiva iniziale. Si può dire che si tratta di produrre un buco nella domanda. Credo che anche la nostra esperienza di conversazione clinica si svolga secondo questo orientamento.

Vorrei parlare dell’importanza del dettaglio, della cura per il dettaglio clinico, perché fare una scelta su un dettaglio è veramente molto importante. Si tratta di far apparire questo dettaglio per tentare di vedere la struttura dell’insieme. La struttura dell’insieme non si vede con un flash, perché il flash non è così totalizzante. Il flash fa apparire un dettaglio che dice qualcosa della struttura, che non può essere vista come un insieme. È veramente come il dettaglio di un quadro che dà la significazione di tutto il quadro. Lacan faceva questo con la pittura: isolare il dettaglio, il piccolo pezzo perduto, per farlo diventare una sorta di lettera rubata, cioè qualcosa che era lì, alla vista di tutti, ma che bisognava far apparire come tale. In questi giorni è stato trovato, in un quadro di Van Gogh, un dettaglio che era rimasto nascosto a tutti, e che dà la significazione di tutto il quadro di Van Gogh. Potete leggere di questo su La Vanguardia spagnola. Si è trattato della scoperta di ciò che era alla vista di tutti.

La cura per il dettaglio clinico è questo, è isolare questo dettaglio per farne un insegnamento. Per esempio, per me è stato un dettaglio molto interessante, in questa giornata, il vento. Anzi penso che si potrebbe fare una giornata clinica dedicata al vento e fare una clinica differenziale dei venti. Ci sono venti diversi. Abbiamo visto che il vento è un oggetto che non si vede, ma che è presente in tutta una serie di fenomeni clinici molto importanti. C’è il vento che suona, il vento che stacca le foglie dall’albero. C’è il vento del corpo, nel corpo. C’è tutto un percorso pulsionale, orale e anale, per avere a che fare con il vento. Possiamo anche dire che l’Associazione Mondiale di Psicoanalisi è un vento: il vento della psicoanalisi. Il simbolo dell’AMP è Eolo, è il dettaglio scelto da Jacques-Alain Miller per farne il simbolo dell’AMP, un vento che costituisce l’orientamento della psicoanalisi. Un vento che soffia. Allora, anche quando si espone un caso in tutta la sua periodicità cronologica, bisogna essere attenti ai dettagli clinici.

Dirò anche qualcosa su infanzia, bambini e adolescenti, che sono stati l’oggetto della discussione. In realtà non so se ne sono stati l’oggetto. Bisogna giustamente renderli soggetto e non oggetto. Tutta la questione è questa. Qualcuno ha citato questa idea di Lacan, che Eric Laurent aveva richiamato la settimana scorsa a Madrid: l’infanzia e il bambino come un oggetto a liberato. Un’idea di Lacan che credo sia molto attuale. Commenterò brevemente questo, perché penso che sia importante per impostare quello che abbiamo ascoltato oggi nei casi clinici. Credo che la citazione si trovi nel Seminario XVII, Il rovescio della psicoanalisi.

Il bambino come oggetto a liberato è liberato da che cosa? Possiamo dire che è liberato dalle coordinate dell’Edipo classico. Si tratta di una nuova condizione, ed è il bambino per come lo abbiamo visto in ciascuno dei casi. Questo vuole dire che, come si è detto oggi, la famiglia si è veramente trasformata: è una cosa molto importante. C’era la famiglia classica che era ordinata a partire dalla coppia parentale,  e anche nella versione lacaniana si può dire che sia ordinata dal Desiderio della Madre e dal Nome del Padre. Questo faceva coppia, coppia nel luogo della mancanza del rapporto sessuale. Faceva la coppia. La famiglia si ordinava a partire da questa coppia e faceva del figlio un oggetto di questa coppia. Questa era la famiglia ordinata, diciamo, tramite il Nome del Padre.

Ma adesso sempre di più troviamo che la famiglia non è ordinata dalla coppia. Non è ordinata dalla coppia uomo-donna. Può essere la coppia uomo-uomo, donna-donna, oppure una donna-sola, un uomo-solo, o forse altre forme che già cominciano ad apparire al di fuori di queste coordinate della struttura edipica. Ed è vero, si è detto oggi, è il bambino che diventa il perno della famiglia, cioè quello che struttura la famiglia. La famiglia si struttura intorno alla cura del bambino. Come aver cura del bambino, come gestire il bambino – parola orribile ma che è l’attualità: si tratta di come fare con questo oggetto che, alla fine, non si sa che cosa sia. Quando si ha un bambino non si sa veramente cosa è questo corpo, che sarà un corpo parlante. Si vede sempre di più che questo oggetto a liberato appare soprattutto come un corpo parlante. È importante.

È stato ricordato oggi che il corpo ha questa dimensione al di là dell’immaginario. Qualcuno ha parlato del fatto che il corpo non è soltanto il corpo immaginario, il corpo dello stadio dello specchio. È vero. Il corpo parlante, che è l’espressione usata da Lacan nell’ultima parte del suo insegnamento – l’essere parlante è soprattutto un corpo che parla –, non è tanto il bambino come immagine del suo corpo, prodotto della coppia parentale. È un’altra cosa. Quello che appare nella clinica sempre di più è questo corpo parlante di cui non si sa molto bene cosa fare. Oggi abbiamo visto che non lo si sa ascoltare, è un corpo che è prima dell’immaginario. Dirò che proprio l’adolescenza, nel senso più freudiano, è il momento in cui questo corpo parlante deve ricominciare con l’Altro sesso. Dirò che il corpo adolescente deve riapprendere a parlare, e questo si vede con tutti i riti di iniziazione, che oggi non sono più come nelle società classiche, ma si tratta comunque di riti di iniziazione al linguaggio. Possiamo definire un adolescente come qualcuno che comincia a entrare in un linguaggio, cioè che riapprende a essere un corpo parlante per accedere, in una forma o in un’altra, all’Altro sesso.

Bisogna dire che la famiglia non serve a niente, tanto nel caso della nascita di un bambino come nell’adolescenza, dal momento che la famiglia deve ricomporsi sempre. Quando il bambino diventa adolescente è troppo difficile “gestire” l’adolescente con questa invenzione che è la famiglia. La famiglia diventa piuttosto quello che etimologicamente è. La parola famiglia viene infatti dalla parola famulus, cioè schiavo, perché la famiglia nell’epoca romana era costituita non solo dai genitori, ma anche gli schiavi erano parte della famiglia. Dunque si era parte della famiglia se si era uno schiavo. La famiglia ha ancora questa traccia etimologica, e oggi è la schiava del bambino e dell’adolescente. Tutti abbiamo avuto un po’ questa esperienza. La famiglia non serve per “gestire”, ma è piuttosto uno schiavo di questa istanza del corpo parlante infantile e adolescente.

La cosa importante è che la nostra società manca di rituali di iniziazione, non ce ne sono di così stabiliti come nel XX secolo, dove erano molto più formalizzati. Allora il problema dell’adolescenza oggi è come entrare in un campo senza avere uno standard di riti di iniziazione. Possiamo anche definire l’adolescente oggi come un rito di iniziazione quasi infinito. Vediamo che l’adolescenza è sempre più lunga. Abbiamo degli adolescenti di trent’anni, di trentacinque anni, di quarant’anni, anche di cinquant’anni. Sono soggetti per i quali questo percorso è sempre più lungo.

Quindi, i bambini e gli adolescenti sono un campo molto produttivo. È importante impostare la questione dell’adolescenza e dell’infanzia con i riti di iniziazione, perché sempre se c’è un rito di iniziazione c’è un segreto. Quello che scopre la psicoanalisi è che, in tutti i riti di iniziazione, il segreto è che non c’è segreto. O nella versione psicoanalitica, che il segreto è il godimento, la soddisfazione che consiste nel cercare e nel cifrare questo segreto. È il sapere. Il sapere non è un oggetto, il sapere è un’elaborazione, e c’è una soddisfazione in questa elaborazione, una soddisfazione pulsionale, legata al fatto di elaborare questo percorso verso un sapere. Il sapere non è l’oggetto, ma è la via per accedere a questo oggetto. Quando si apprende un sapere non si apprende un oggetto, ma si fa un’esperienza di soddisfazione, di iniziazione al segreto del sapere, al segreto di questo godimento. Credo che questo sia un problema importante per l’infanzia e l’adolescenza.

Bisogna ricordare una lezione di Jacques Lacan nel 1968, nella Allocuzione sulle psicosi infantili, discorso di chiusura delle Giornate del bambino. Lacan dice che il bambino è un oggetto segregato, perché fa apparire un godimento inammissibile. La segregazione appare in questo testo come il fattore, il problema più invadente della nostra epoca, problema che, dice Lacan, sarà sempre più importante. Ne abbiamo parlato anche ieri: la segregazione, i migranti, eccetera.

Ma Lacan parla in questo testo di tre luoghi della segregazione: la follia, la femminilità e i bambini. Mette in serie questi tre ordini come quelli che incarnano qualcosa di assolutamente differente. Un godimento assolutamente differente, un godimento che sarebbe il godimento dell’Altro se l’Altro esistesse.

Il bambino è sempre stato non soltanto un oggetto di godimento dell’Altro. Quando si parla della sessualità femminile, bisogna dire che la scoperta di Freud non è stata che il bambino è un oggetto della sessualità adulta, un oggetto sessuale di per sé. Credo che questa non sia la scoperta freudiana, perché era qualcosa che già si sapeva. La scoperta di Freud è che il bambino presentifica un godimento di questo Altro per se stesso: la sessualità infantile, questo perverso polimorfo, è proprio ciò che fa apparire quello che del godimento è Altro, quello che del godimento non è omogeneo al godimento fallico. Per questo il bambino è ancora, e sempre di più, un oggetto di segregazione.

Occorre far apparire questa dimensione per cogliere tutte le impasse del discorso della pedagogia, dell’inclusione, che al suo interno alla fine nasconde questa segregazione strutturale dell’infante. Il segreto del godimento è questo. Il godimento stesso è segregato per struttura.

Allora, nel discorso analitico il bambino e l’adolescente sono una sorta di ri-inizio di questo percorso pulsionale sulla segregazione del godimento; nel discorso analitico il bambino non è soltanto un oggetto segregato. Possiamo trattare questo oggetto segregato proprio perché non è soltanto un oggetto segregato, e soprattutto perché, come ricordava Jacques-Alain Miller, nel testo Il bambino e il sapere che è stato citato oggi, è un soggetto supposto sapere.

Il bambino nella psicoanalisi è colui che è supposto sapere; per contro è l’Altro che si deve educare. È l’Altro a cui dobbiamo insegnare come comportarsi. Quando questo Altro è incoerente, quando lascia il soggetto senza bussola e senza identificazione, occorre elucubrare con il bambino un sapere alla sua portata, alla sua misura, che possa servirgli per fare questo percorso. Quando l’Altro asfissia il soggetto, si tratta per il bambino di farlo retrocedere fino al punto di tornare a respirare. Un’altra funzione dell’aria, del vento della psicoanalisi è far tornare a respirare il bambino quando la domanda dell’Altro lo asfissia.

In ogni caso, l’analista sta dalla parte del soggetto, del bambino come soggetto. Ecco dunque due facce: il bambino oggetto della segregazione, il bambino soggetto supposto sapere. Ma per fare questo percorso bisogna aver analizzato cosa è stata l’infanzia per ciascuno. Si tratta di fare questo.

Trascrizione di Omar Battisti