Editoriale
Andrea Gravano
Cari lettori, care lettrici,
il numero 149 di Appunti è dedicato a un significante – docile – che in
redazione ci è parso essere di notevole attualità, un significante degno di essere
lavorato, messo al lavoro nelle riflessioni, nelle argomentazioni, nelle spigolature dei
colleghi che hanno voluto dedicarvi il loro tempo.
Uno psicoanalista deve essere docile? E, nel caso, docile a chi, a cosa? La
psicoanalisi è docile? E docile cosa significa? Forse mansueto, forse
accondiscendente?
Docile deriva dal latino docere e il significato letterale si riferisce a colui che
è atto e disposto ad apprendere e, per estensione, nel linguaggio comune, si riferisce a
persona che si piega facilmente alla volontà di chi ha il compito di guidarla. L’analista
non è forse docile all’inconscio? L’analista non segue forse il linguaggio o meglio la
lalingua di chi parla e, docilmente, appunto, la ascolta? In tal senso certamente lo
psicoanalista è mansueto all’ascolto, accondiscende all’ascolto, è docile alla parola
dell’altro, la accoglie nella sua pratica, nel suo stesso praticarla. Ma questa docilità
non deve tuttavia mai confondersi con l’accondiscendenza e la mansuetudine di chi
pare tirarsi fuori o starsene da parte quasi a guardare con aristocratico distacco a
quanto si oppone al discorso analitico, che sia l’incalzare del discorso del capitalismo,
una politica liberticida o uno scientismo cieco e paralizzante: è necessario, come
psicoanalisti, essere docili anche al fatto che l’inconscio sia politica.
Un ringraziamento, mio e della Redazione tutta, va a Vincenzo Lopardo,
l’artista che ci ha concesso l’opera da utilizzare nell’Altra copertina per questo numero
di Appunti: è sempre necessario rivolgersi all’opera d’arte con quella docilità che
permetta di riceverne, uno per uno, quegli effetti che solo après coup si disveleranno.
Nel momento di chiudere questo numero di Appunti, ricevo la triste notizia
della scomparsa della nostra cara collega Giuliana Kantzà. Mi è sempre difficile essere
docile alla morte, ma Giuliana ha saputo trovare nel corso di una lunga malattia una
maniera funzionale per vivere al meglio e spegnersi con serenità, con docilità. Fino
all’ultimo ha fatto quel che il suo desiderio deciso le imponeva: ha fatto l’analista,
continuando fino alla fine a ricevere pazienti.
Ho conosciuto Giuliana da studente all’Istituto freudiano e poi nell’ambito
delle attività della Segreteria allargata di Milano e ne ho apprezzato quello stile sempre
libero, con il quale riusciva sempre, spesso attraverso la provocazione e un certo
vigore retorico, ad arrivare al punto, al centro della questione, con effetti sempre
squisitamente analitici e insegnanti. Giuliana è stata una delle prime persone a
invitarmi a un lavoro attivo all’interno della Scuola e di questo le serberò sempre
gratitudine, unitamente al ricordo piacevole dei momenti di lavoro insieme, nel
cartello così come nelle attività di Segreteria, dove, con la sua squisita ospitalità,
sapeva far diventare il lavoro di Scuola allo stesso tempo utile, insegnante, formativo
e davvero conviviale: con Giuliana si poteva discettare di teoria psicoanalitica di
fronte alla miglior moussaka. Salutare Giuliana è salutare un exemplum di analista.
A Panayotis, a Ilde e a Bernardo le più sentite condoglianze mie e della Redazione: a
Giuliana Kantzà è dedicato questo numero di Appunti.
Al lettore, alla lettrice l’augurio di una serena e piacevole lettura di questo
numero foriera di positivi effetti.