Editoriale
Barbara Lupo

Sembra che su internet si trovino applicazioni in grado di convertire un file audio in testo. Il lavoro di “sbobinatura” che richiama la registrazione su bobine di nastro magnetico (e svela l’età della scrivente) può essere ormai svolto da un software di trascrizione automatica: il computer sistema(tizza) parola e voce e impone al testo un senso unico che “…di nulla passione […] [ha] sentore”1. Nessuno scandire, punteggiare che l’app avverta, nessun costrutto sintattico o invenzione semantica o lessicale che metta al lavoro un software di controllo grammaticale così come nessuna omo/polifonia che renda difficile a un programma di traduzione automatica “dire quale sia la cosa che un testo vuole trasmettere, e come trasmetterla”2.

Questa disambiguazione informatica3 mi conduce a domandarmi in che modo queste app avrebbero trasmesso ai lettori di Appunti le parole pronunciate da Guy Briole, da Domenico Cosenza e da Massimo Termini al XX Convegno della SLPcf, il contributo di Esthela Solano-Suárez in preparazione alle prossime Journées dell’ECF, il lavoro pubblicato da Natalie Wülfing sul blog del V Congresso della NLS e l’articolazione dell’intimo rapporto che esiste tra tagli e interpretazioni e la Scuola e la passe di Alejandro Reinoso per le Giornate della NELcf.

Mi domando ancora se questi programmi sarebbero riusciti a prolungare l’effetto dell’esperienza di ascolto di Guy Poblome e di Omar Battisti nella conferenza Adolescenza e decadenza del patriarcato organizzata dalla Segreteria SLPcf di Catania in preparazione al Pipol 11, e come avrebbero revisionato il lavoro di Alessandro Siciliano presente nella rubrica Psicoanalisi e istituzione insieme agli interventi di Isabel Capelli, Gaia Ragazzini, Giacomo Gherardini, Annalisa Rotesi e di Irene d’Elia per l’incontro Educazione, adolescenza e disagio scolastico dalla pandemia ad oggi: una lettura psicoanalitica.

Dopo il lavoro svolto da Alide Tassinari, Alessandro Siciliano, Marco Bani, Concetta Guarino e Raffaele Calabria per offrire ai lettori di Appunti la prima parte dello studio sul libro Come finiscono le analisi di Jacques-Alain Miller, a partire dai podcast disponibili su Radio Lacan e dal recupero del materiale presentato in occasione di uno di questi tre incontri organizzati dalla Segreteria SLPcf di Bologna, quale stesura avrebbero offerto queste app dei contributi di Sara Bordò, Carlo De Panfilis, Antonio Di Ciaccia, Paola Francesconi, Maurizio Mazzotti e di Giuliana Zani presenti in questo e nel prossimo numero?

Questioni che risentono dell’esperienza del numero 154 di Appunti e risuonano nella sua lettura.

In A proposito di… Scuola e del Convegno della SLPcf, Guy Briole rivela che la struttura stessa del titolo proposto, L’entrata in analisi e i suoi preliminari, è

il rovesciamento che mettete al lavoro nella riflessione a partire dalle pratiche […] [in] questo provvisorio [che] sembra essere un tratto distintivo di questo secolo in cui non ci si concede più il tempo di desiderare e in cui ciò che viene preso di mira è l’immediatezza del godimento per tutti.

Sviluppando il tema del Convegno della SLPcf, Domenico Cosenza lavora sull’invito di Jacques-Alain Miller,

alla luce dell’ultimo insegnamento di Lacan, a de-ontologizzare e desublimare la pratica analitica, ripulendola dall’adorazione della verità e conducendola a stringere il reale del sintomo […] [senza] abbandonare il campo del linguaggio, ma piuttosto […] [regolandosi] sulla sua parte materiale, sulla lettera piuttosto che sull’essere, sul nucleo di non-senso piuttosto che sul senso.

E Massimo Termini sottolinea che

il lavoro dei preliminari ha un suo orientamento, sue coordinate, si tratta […] di rilevare determinati movimenti soggettivi, di verificare la possibilità o meno di produrli, dando così al transfert la sua composizione. Eventualmente quella che serve per introdurre il soggetto nel discorso analitico. […] movimenti che chiamano in causa da un lato l’azione dell’analista, dall’altro la decisione del soggetto, il suo acconsentire.

Interpréter, scander, ponctuer, couper è il titolo delle prossime 53 ͤ Journées dell’École de la Cause Freudienne e nella bussola Dall’ascolto alla lettura Esthela Solano-Suárez scrive:

Un’analisi è un’esperienza di parola che un parlessere può rischiare. […] Rivolgersi a un analista comporta una supposizione, che a sua volta è sostenuta da una credenza. Credere che ciò di cui si soffre voglia dire qualcosa di cui sfugge il senso, si rivela essere la premessa di una vera domanda d’analisi. Una domanda di senso, dunque, capace di chiarire cosa significhi l’opacità in gioco.

Nel testo di Natalie Wülfing, presente nel blog del V Congresso della NLS e nella rubrica A proposito di… Scuola, ri-troviamo quelle

trasformazioni del nostro mondo contemporaneo, virtuale, (nelle quali) i significanti e gli oggetti sono omogeneizzati (in un) discorso comune che non è più comune, ma “polverizzato” e che il discorso capitalista, con il suo infinito comando al godimento, riassorbe nel comune. Ciò che non cambia sono gli oggetti come sembianti, tappabuchi ad un sintomo che permette a ogni essere parlante di creare il proprio mondo, nel bene … o peggio.

Completa la rubrica Alejandro Reinoso, che conclude il suo contributo per le Giornate della NELcf riprendendo

una traccia nella domanda lanciata nell’Argomento delle Giornate: sapremo come essere all’altezza di ospitare analiticamente il reale che fonda quel nuovo, in modo che quel nuovo non sia coperto dal velo del medesimo, indossando altri vestiti? Un invito a darci il compito di opporci al sembiante che copre il realmente nuovo, o la faccia superegoica dell’esigenza del nuovo.

Nel titolo del suo intervento alla conferenza Adolescenza e decadenza del patriarcato, Qui, non si può parlare, presente nella rubrica Dalle Segreterie, si sente l’accento posto da Omar Battisti sull’indicazione del luogo, qui: “Qui dove? A scuola, durante un’assemblea di classe in una scuola superiore”. In quella occasione si avverte quel “tumulto delle pulsioni” che Guy Poblome spiega nella conferenza organizzata dalla Segreteria SLPcf di Catania con queste parole:

tumulto è un termine ripreso da Freud in relazione al piccolo Hans, che cercava di dare un nome al godimento del cavallo che si muove, che perde l’equilibrio, ma anche al godimento etero, strano, che coglie il suo corpo. Il tumulto è definito nel vocabolario come un insieme di suoni rumorosi e discordanti che stridono, è l’opposto dell’armonia. È ciò che disturba l’ordine, ciò che va oltre il principio di piacere, che non si può ridurre. Questo è il disordine degli impulsi che l’adolescente deve affrontare.

Come porre un freno al godimento? Come organizzarsi per favorire un buon incontro tra il soggetto e il principio di piacere? Sono le questioni che pone Alessandro Siciliano nel testo Per un’istituzione orientata dalla psicoanalisi lacaniana nella rubrica Psicoanalisi e istituzione, dove troviamo anche la risposta alle domande poste da Isabel Capelli a Gaia Ragazzini, Giacomo Gherardini, Annalisa Rotesi e Irene d’Elia nell’incontro Educazione, adolescenza e disagio scolastico dalla pandemia ad oggi: una lettura psicoanalitica.

Con l’eco della poesia di Wislawa Szymborska, con la quale Alide Tassinari chiudeva la prima parte dello studio organizzato dalla Segreteria SLPcf di Bologna sul libro Come finiscono le analisi di Jacques-Alain Miller, vi lascio alla lettura dei contributi di Paola Francesconi e di Maurizio Mazzotti e vi aspetto al prossimo numero di Appunti con gli interventi di Sara Bordò, Carlo De Panfilis, Antonio Di Ciaccia e Giuliana Zani.

Grazie al lavoro dei redattori e dei corrispondenti della rivista, dei suoi traduttori e di quanti hanno proposto e sottoposto a revisione il proprio contributo, anche questo numero di Appunti offrirà la possibilità di avere tra le mani e sullo schermo un “testo (che) lo lavori e lo metta al lavoro, come in un al di là della conoscenza”4.

__________________

[1] “Furono dunque filosofi molto antichi, de li quali primo e prencipe fu Zenone, che videro e credettero questo fine de la vita umana essere solamente la rigida onestade; cioè rigidamente, sanza respetto alcuno, la verità e la giustizia seguire, di nulla mostrare dolore, di nulla mostrare allegrezza, di nulla passione avere sentore” in D. Alighieri, Convivio, trattato IV, cap. VI, verso 9.

[2] “Vedete come è difficile dire quale sia la cosa che un testo vuole trasmettere, e come trasmetterla”, in U. Eco, Dire quasi la stessa cosa, Bompiani, Milano 2010, p. 10.

[3] Nello stesso testo, Eco parla di “disambiguazione contestuale” e, mettendo alla prova il sistema di traduzione automatica offerto già in quel periodo su internet da Altavista (detto Babbel Fish), a proposito di equivalenza di significato distingue tra equivalenza referenziale ed equivalenza connotativa definendo quest’ultima “il modo in cui parole o espressioni stimolano nella mente degli ascoltatori le stesse associazioni o reazioni emotive”, pp. 26-27.

[4] A. Tassinari, La scrittura in Lacan, Pequod, Ancona 2022, p. 9.