Editoriale
Emanuela Scattolin
Questo numero si apre con una sezione dedicata al tema del XVII Convegno nazionale La vergogna nella clinica e nel legame sociale che la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi terrà a Palermo il 18-19 maggio prossimo. Perché ci interroghiamo su un tema che oggi appare quasi desueto se non addirittura scomparso? Il nostro, è un mondo di svergognati? Eppure la vergogna è un segno distintivo che indica il rapporto primario del soggetto con l’Altro che vede e al contempo dà a vedere, riguarda e tocca ciò che vi è di più intimo dell’essere del soggetto poiché svela il suo godimento. Se il godimento è esibito senza veli, ostentato e lo sguardo dell’Altro non suscita più vergogna, come cambia il modo di intendere la vita? Come cambia lo statuto etico del soggetto?
Da angolature diverse, tre dei quattro contributi inseriti in questa sezione offrono elementi e spunti di riflessione a sostegno della necessità di preservare la vergogna. Il quarto propone invece un’interessante articolazione del “senza vergogna” connessa con la ripetizione.
Il testo di Paola Bolgiani ripercorre, attraverso la lettura di Jacques-Alain Miller, alcuni loci lacaniani in cui è trattato il tema per giungere a chiedersi come la psicoanalisi venga chiamata in causa sia sul piano clinico sia su quello politico. Marco Focchi pone la vergogna alla base di ogni legame comunitario pena la sua distruzione poiché, al cuore di ogni esistenza, qualcosa deve sempre rimaner celato; sostiene inoltre che, solo preservando il senso della vergogna, il soggetto può farsi responsabile dei propri comportamenti. Il contributo di Giovanna Di Giovanni presenta invece tre interessanti dittici: vergogna ed essere, colpa e punizione, perdono e riparazione, che articola e intesse prendendo spunto dai testi di Primo Levi (la vergogna dei sopravvissuti), Sofocle (la follia di Aiace con il passaggio dalla colpa alla vergogna) e Manzoni (perdono e riparazione in fra Cristoforo). Infine, il testo di Paola Francesconi, nel quale l’autrice si avvale della lettura di due racconti tratti dalla raccolta Le diaboliche di Barbey d’Aurevilly, mette in luce alcuni aspetti del senza vergogna che caratterizza il godimento femminile come godimento Altro “impossibile da negativizzare”.
La seconda sezione della rivista è dedicata al lavoro nel Cartello, organo fondamentale della Scuola di Lacan. Il contributo di Michele Cavallo ne costituisce la cornice. L’autore rileva come nel Cartello vi sia e funzioni un’algama che oltre a spingere verso una ricerca personale che preserva la differenza di ciascun cartellizzante, orienta verso la Scuola e consente al dispositivo di “farsi luogo di risonanze”. I testi di Giorgia Di Pietrantony, Carla Antonucci, Clémentine Parmentier, Agnese Mascetti e Isadora Escossia, testimoniano proprio dell’intersezione tra questi aspetti offrendoci, in vivo, un esempio del funzionamento del dispositivo. Provenienti dal lavoro che si è svolto all’interno di due Cartelli, di cui uno misto (italiano-francese), questi “resti” singolari indicano come le partecipanti abbiano potuto condurre e sviluppare, a partire da un comune progetto, la propria particolare ricerca e come l’esperienza le abbia toccate soggettivamente producendo non solo effetti di sapere ma anche uno spostamento della loro posizione rispetto alla Scuola. In tutti i contributi appare nodale la funzione del più-uno.
Un punto accomuna i due articoli della rubrica Il bambino, l’adolescente e l’inconscio. Pur affrontando temi completamente diversi, entrambi mettono in luce gli effetti prodotti sul soggetto contemporaneo dal sovvertimento e dalla crisi del simbolico con le conseguenti trasformazioni avvenute nel discorso sociale odierno. Domenico Cosenza, appoggiandosi all’opera filmica Naissance des pieuvres di Céline Sciamma, affronta il tema cruciale dell’iniziazione sessuale nell’adolescenza. Maurizio Paciullo evidenzia invece alcuni aspetti che, nell’attuale società della trasparenza, toccano il mondo della scuola, il legame “social-e” di molti giovani e la famiglia.
Nella rubrica Psicoanalisi e istituzione ospitiamo lo scritto di Christopher Calabrese Kleinselbeck che interroga la posizione dello psicologo/psicoterapeuta, orientato dalla psicoanalisi lacaniana, in un’istituzione penitenziaria. L’autore si appoggia all’elaborazione di Lacan sui quattro discorsi per tracciare le coordinate della propria pratica istituzionale.
Psicoanalisi e politica, l’ultima rubrica di questo numero, accoglie due testi. Entrambi richiamano l’importanza della Movida Zadig (Zero Abjection Democratic International Group) rete trasversale alle vari Scuole del Campo freudiano, ispirata e lanciata nel 2017 da Jacques-Alain Miller per affrontare i pericoli che derivano per la psicoanalisi dall’ascesa, nei vari paesi, dei nazionalismi e dei populismi. La Movida Zadig chiama gli psicoanalisti a essere presenti nella politica poiché il discorso psicoanalitico può esistere solo nella democrazia e può proporre una politica che tenga conto del reale. Dario Alparone evidenzia che la psicoanalisi lacaniana, sulla scia di Freud, trova al cuore dell’individualità soggettiva la dimensione sociale e che proprio nella qualità politica della propria prassi, essa si differenzia dalle altre pratiche psicologiche o psicoterapiche. Monica Vacca, ci restituisce un’eco del Forum europeo Amore e odio per l’Europa che si è tenuto a Milano il 16 febbraio scorso. Riflettere sul (de)costruirsi dell’identità europea che “non ha un centro ma è costituita da una molteplicità strutturale” è oggi un tema cruciale per l’Europa che investe la sua stessa esistenza. Nel report, l’autrice mette in risalto come occorra spingere verso un discorso che faccia dell’Europa un “oggetto di desiderio”.
Come di consueto, la rivista si chiude con la pagina degli Appuntamenti più importanti del Campo freudiano.