Libro XXIII
1975-1976
Astrolabio, Psiche e coscienza, Roma 2006.
Questo volume presenta il testo del Seminario XXIII, tenuto nel 1975-1976 e redatto come tutti i Seminari di Lacan da Jacques-Alain Miller. Fin dagli inizi del suo insegnamento, Lacan tentò di rendere conto della scoperta di Freud: l’inconscio. Che vuol dire l’inconscio freudiano secondo Lacan? Vuol dire che c’è un sapere che funziona e agita un soggetto sebbene egli non ne sappia nulla. Le formazioni dell’inconscio, come i sogni, i lapsus, gli atti mancati e i sintomi stessi, mettono in luce un pensiero funzionante secondo una logica che rivela un desiderio erratico, spesso inconfessato e inconfessabile. Inconscio, appunto. Lacan si volgeva verso i linguisti, gli strutturalisti, i letterati, i poeti e via di seguito perché potessero offrire degli strumenti per chiarire ed esemplificare questo strano funzionamento che egli sintetizzò nell’aforisma: l’inconscio è strutturato ‘come’ un linguaggio.
In questo Seminario, come in tutti quelli tenuti alla fine dalla sua vita, Lacan è su tutt’altra lunghezza d’onda. Si tratta di un ‘altro’ Lacan. Alla ribalta non è più ciò che funziona come un linguaggio, ma ciò che non funziona, ciò che non va: che è la definizione lacaniana del ‘reale’ in psicoanalisi e che non è il reale della scienza. Alla ribalta non è il più il simbolico, ma il reale. Non è più il desiderio, ma il godimento. Quel godimento che è quell’impossibile da sopportare di cui però non si riesce a fare a meno. Così, il sintomo stesso è visto da Lacan sotto un’altra angolatura. Da metafora del soggetto, da ciò che lo rappresenta nella catena significante, il sintomo – a cui Lacan dà l’antica grafia francese di sinthome (in italiano è stato reso con sinthomo) – diventa quel qualcosa che permette al soggetto un raccordo a lui adeguato, che gli consente di tenere insieme quella triade che costituisce l’essere parlante: l’immaginario, il simbolico e il reale.
Per esplorare questa nuova via della struttura dell’inconscio, Lacan ricorre alla topologia del nodo borromeo ed elegge Joyce come suo Virgilio. Joyce infatti permette a Lacan di pensare la psicoanalisi non più a partire dalla nevrosi ma dalla psicosi. Per questo l’illeggibile di Finnegans Wake è esemplare per illustrare il godimento senza il Nome-del-Padre, che è la funzione che rende leggibile il godimento.
Sommario:
Lo spirito dei nodi
- Dell’uso logico del sinthomo. Ovvero Freud con Joyce.
- Di ciò che fa buco nel reale.
III. Del nodo come supporto del soggetto.
La pista di Joyce
- Joyce e l’enigma della volpe.
- Joyce era forse pazzo?
- Joyce e le parole imposte.
L’invenzione del reale
VII. Di una fallacia testimone del reale.
VIII. Del senso, del sesso e del reale.
- Dall’inconscio al reale.
Per concludere
- La scrittura dell’ego.
Avvertenza.
Appendice:
Joyce il sintomo (di Jacques Lacan)
Intervento al seminario di Jacques Lacan
(di Jacques Aubert)
Note di lettura (di Jacques Aubert)
Note passo passo (di Jacques-Alain Miller)
Indice dei nomi.