Responsabile: Laura Storti – retelacan@gmail.com
Redazione: Eva Bocchiola, Sergio Caretto, Adele Succetti, Sebastiano Vinci, Giuliana Zani
Grafica a cura di: Matteo De Lorenzo
Per il sito: Omar Battisti
Sommario
Rete Lacan n°39 – edizione straordinaria
- Lacan Hispano
Jacques-Alain Miller
In copertina:
Lacan Hispano, illustrazione della copertina del libro
Lacan Hispano
Jacques-Alain Miller
17 dicembre 2021
Alejandra Glaze:
Bene. Buon giorno, buon pomeriggio ad alcuni, buona sera ad altri. Grazie per essere qui. È davvero un’emozione questa presentazione, un vero e proprio evento. Spero che la musica vi sia piaciuta. È stato un modo gioioso di iniziare questa presentazione.
La presentazione di Lacan hispano con la presentazione di Jacques-Alain Miller è diventato un evento molto atteso e un ottimo modo per concludere questo 2021. Lo dimostra il numero di partecipanti e il gran numero di colleghi di altri paesi, non necessariamente di lingua spagnola. Grazie anche a loro per l’interesse per questa presentazione.
Dirò solo qualche parola su quello che chiamerò il progetto Lacan hispano iniziato nell’aprile di quest’anno. È stata una vera sorpresa per me ricevere una mail da Jacques-Alain Miller in aprile che mi offriva di condividere la direzione di questo volume-tributo; una gioia, un onore e una grande responsabilità. Fin dall’inizio sapevo che questo libro avrebbe fatto parte di una serie con quelli che stavano preparando in quel momento in Francia: Lacan Redivivus, così come altri testi di Lacan nella casa editrice Navarin diretta da Ève Miller-Rose e anche in Brasile un numero speciale di Opción lacaniana. Ho capito che il tributo c’è anche in italiano e in inglese. Ognuno nella sua lingua, ognuno latore dell’eredità lacaniana che ci attraversa tutti. È un tributo a Jacques Lacan nel 40° anniversario della sua morte, e così più di 70 psicoanalisti danno conto dei segni che l’incontro con l’opera di Lacan ha lasciato su di loro. Non voglio dimenticare di sottolineare il meraviglioso lavoro di coloro che hanno accettato la proposta e che, con grande entusiasmo e in poco tempo, hanno prodotto i loro testi basati sui temi che abbiamo suggerito loro, ai quali si sono aggiunti non pochi analisti appartenenti alla École de la Cause freudienne che hanno avuto una forte relazione con la trasmissione della psicoanalisi in spagnolo.
Ma troverete anche alcuni accorati ritratti di sua figlia Judith, scritti da analisti che hanno lavorato con lei in modo molto diretto e che possono dare conto della presenza del suo desiderio in ogni incontro. Non posso nominare tutti gli autori, sono molti e probabilmente conoscete già l’indice del volume.
Naturalmente è stata un’idea che mi ha entusiasmato fin dall’inizio poiché vengo da un paese che non per niente è chiamato il paese della psicoanalisi e c’è molto da dire sull’importanza dell’insegnamento di Lacan nei paesi di lingua spagnola. Tutto questo movimento editoriale promosso da Jacques-Alain Miller, aggiunto all’organizzazione degli archivi Jacques Lacan, mi porta a dire che per l’Associazione Mondiale di Psicoanalisi, il 2021 è stato l’anno Jacques Lacan.
Quando abbiamo pensato a questa presentazione, abbiamo posto agli ospiti alcune domande sul perché Lacan hispano, o anche se è possibile dire che esiste un Lacan ispanico. Sicuramente ogni lettore di questo libro dovrà trovare la propria risposta che giustifichi in qualche modo questa aggettivazione. Vedremo anche cosa avranno da dire i nostri ospiti e soprattutto Jacques-Alain Miller. In ogni caso, sulla sua copertina, troverete un indizio su questa particolarità ispanica. Sotto la foto di Lacan a Caracas c’è la sua frase: “Voi, a quanto pare, siete i miei lettori”; una frase rivolta ai partecipanti che non avevano partecipato ai suoi seminari, ma che li avevano letti nelle edizioni ciclostilate e a distanza. Poco dopo Caracas, Jacques-Alain Miller ed Éric Laurent arrivarono in Spagna. Questo libro è stato anche un’ottima occasione per dare voce ai lettori di questo Lacan che è arrivato nel mondo di lingua spagnola. Forse i più giovani non hanno presente questo incontro di Caracas e l’importanza che ha avuto sia per la psicoanalisi di lingua spagnola che per la psicoanalisi di orientamento lacaniano in generale. La presenza di Lacan a Caracas nel 1980, insieme a quella di Judith e Jacques-Alain Miller, ha costituito un prima e un dopo in America Latina per coloro che hanno seguito il suo insegnamento da questa parte dell’Atlantico. In un certo senso ha inaugurato la serie di incontri internazionali del Campo Freudiano che ancora oggi ci riunisce ogni due anni. Un evento che era sia politico che epistemico. E sappiamo che è stato Jacques-Alain Miller a trarre queste conseguenze politiche, epistemiche e cliniche dal suo insegnamento. Questo orientamento in diversi paesi e lingue attraverso il consolidamento dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi.
Senza ulteriori indugi, do la parola a Jacques-Alain Miller e, se posso, per cominciare, gli faccio una semplice domanda, e naturalmente sono grata per la sua risposta qui. Leggendo Lacan hispano, ora che ce l’ha tra le mani, ha trovato quello che cercava quando l’ha promosso nell’aprile di quest’anno?
La ascoltiamo.
Jacques-Alain Miller:
Buon pomeriggio a quelli di voi che sono in Sud America. Buona sera agli europei. Dato che mi verranno fatte molte domande, approfitterò di questa introduzione per i ringraziamenti. Prima di tutto, vorrei ringraziare Alejandra Glaze. Senza Alejandra, questo volume non esisterebbe. Nonostante abbia viaggiato verso Buenos Aires molte volte, credo che ci siamo incontrati per conversare da soli, abbiamo avuto l’opportunità di farlo solo una volta, credo, 13 anni fa. Tuttavia, da Parigi ho apprezzato il suo lavoro editoriale, la sua serietà, il suo buon gusto che ha reso ogni libro di Editorial Grama un volume prezioso. Navarin, una casa editrice francese diretta da mia figlia Ève, ha favorito le sue relazioni con Grama nel campo della lingua spagnola.
Quando ho pensato di pubblicare un volume in lingua spagnola per il 40° anniversario della morte di Lacan, ho pensato subito a lei e le ho scritto una e-mail che ho trovato nel mio computer e che ho ritrovato il 5 maggio di quest’anno. Leggerò questa e-mail che ha messo in moto la realizzazione del volume:
“Chère Alejandra Glaze. Mi sembra che da Parigi potrei stimolare e dirigere la redazione di un volume speciale Lacan in spagnolo con la partecipazione di membri dell’EOL, della ELP e della NEL. Lo farò soltanto se mi dirà che il progetto le piace e che metterà il suo saper fare e la sua energia nella realizzazione di questo volume eccezionale”.
E Alejandra ha risposto il giorno stesso:
“Caro J.-A. M. Certo che sì. Può contare sul mio lavoro deciso come membro dell’AMP e sulla mia conoscenza di anni nella redazione di pubblicazioni. Penso che possa essere utile, naturalmente con Grama Ediciones in quanto ritengo che possa contribuire alla diffusione dei testi in vista dell’anniversario della morte di Lacan”.
Questo è stato elaborato, scambiato il 5 maggio. Tra il 5 maggio e l’11 novembre, quando sono state pubblicate le prime copie di Lacan hispano, abbiamo scambiato circa 100 e-mail. Alejandra ha creato le équipes di redazione per raccogliere, correggere e a volte tradurre i testi degli autori. Li ringrazio tutti per il loro lavoro deciso, senza il quale non sarebbe stato possibile completare il progetto in pochi mesi.
Dico qualcosa sul titolo. La mia prima scelta è stata Don Lacan di Francia, un riferimento all’opera di Cervantes, ma sono stato informato che un collega di Buenos Aires è rimasto sorpreso da questo titolo. Lo trovava ridicolo e lo criticava in modo netto. Questo collega – posso dirvi il suo nome – era il mio amico Juan Indart, Juan Carlos Indart. E siccome ho grande stima di lui, ho pensato che ci conosciamo da Caracas nel 1980, ho tenuto conto della sua opinione e ho pensato a un altro titolo. Alejandra e io ci siamo trovati d’accordo su Lacan hispano. Non so se a Indart piace questo titolo, ma non ho sentito nessuna critica da parte sua. Allo stesso tempo, Indart è stato l’unico collega di Buenos Aires a cui fu chiesto di scrivere un testo, ma rifiutò la proposta. Ho interpretato questo come una manifestazione di un certo transfert negativo verso di me, verso il campo freudiano. Non ero sorpreso da questo transfert negativo che aveva accompagnato il collega per 40 anni, più o meno intenso di tanto in tanto.
In generale, l’accoglienza del volume è stata favorevole, entusiasta nel Campo freudiano. È un libro quasi interamente originale. Non esiste nessun’altra pubblicazione di questo tipo in nessun paese, in nessun’altra lingua. La realizzazione di questo volume risponde al desiderio e al lavoro di Alejandra, delle équipes di redazione e, naturalmente, degli autori. Dall’idea iniziale alla realizzazione, dal 5 maggio a novembre di quest’anno[1]: è molto difficile tenendo conto che questo libro è di 567 pagine. In questa realizzazione, la funzione della fretta, evidenziata da Lacan, è evidente, come è capitato con un altro libro lacaniano intitolato Lacan Redivivus in francese. Allo stesso tempo, questa fretta ha un prezzo. Ho fatto la lista degli autori con estrema velocità con l’aiuto di Alejandra ed è vero che abbiamo dimenticato alcuni autori che avrebbero partecipato con piacere e dedizione a una tale impresa. Mi scuso per queste sviste fatali e inevitabili.
Ho citato il volume francese Lacan Redivivus. Eccolo qui. È un grande libro di 470 pagine. È molto diverso dal volume spagnolo in quanto raccoglie diverse carte di Lacan, interviste con alcune delle persone più vicine a lui come la sua fedelissima segretaria, Gloria González – una spagnola che ha conosciuto Lacan quando aveva 20 anni e che è rimasta con lui per 30 anni-. Ci sono anche interviste con coloro che si occupavano della sua casa in quel periodo, anche loro spagnoli, Alicia e Jesús Escóvez. C’è anche il direttore della libreria dove Lacan comprava libri antichi. È un libro che riguarda essenzialmente il Lacan intimo. Vale a dire che è la prima volta che vengono pubblicati testi inediti di Lacan trovati nelle sue carte. Vale a dire che questi due libri sono di un genere mai visto prima ed è un omaggio prezioso in occasione di questo anniversario. Qui termina la mia introduzione.
Alejandra Glaze:
Beh, grazie mille. Non lo avrei detto, ma avevo riservato i ringraziamenti per la fine. La verità è che è stato un onore per me essere responsabile di questo volume e più tardi vi racconterò come abbiamo fatto molto brevemente e darò spazio ai miei colleghi che hanno partecipato e che sono stati molto importanti in questo lavoro e senza di loro questo volume non sarebbe stato possibile. È stato un lavoro che ha insegnato molto alla Scuola, un lavoro molto insegnante dell’AMP, un lusso, un lusso aver potuto occuparmi di questo libro.
Se è d’accordo, Jacques-Alain, diamo la parola ad Angelina Harari, presidente dell’AMP, che dirà qualche parola e certamente metterà in serie i libri e ci spiegherà un po’ tutto questo movimento che ha avuto luogo in relazione a Jacques Lacan nell’AMP. Angelina, quando vuoi. Benvenuta.
Jacques-Alain Miller:
Saluti, Angelina Harari.
Angelina Harari:
Bonjour, Jacques-Alain Miller. Buongiorno a tutti. È davvero una gioia questa festa di oggi, la presenza speciale di Jacques-Alain Miller e questo si è visto nell’emozione di Alejandra Glaze.
Alejandra Glaze:
Mi scuso, mi è venuto così.
Angelina Harari:
Al contrario. Ci siamo accorti di questo fin dall’inizio. Per questo ne parlo.
Allora, ho preso prima di tutto una domanda, naturalmente, da fare a J.-A. M., che può sembrare come sempre un po’ affrettata da parte mia, ma inizierò rispondendo a una domanda degli organizzatori di questa presentazione. La domanda che hanno fatto è: in che modo è singolare il volume Lacan hispano nell’insieme dell’AMP? Alejandra Glaze l’ha detto, è stata un’iniziativa di Jacques-Alain Miller quella di marcare quest’anno con le pubblicazioni legate al Campo Freudiano e lo abbiamo appena sentito, è stata sua l’idea di Lacan hispano. Ciò che Lacan hispano ha di singolare è questo sommario – direi – stupendo, con una logica propria, si vede quando lo si guarda, che riunisce 70 autori, prevalentemente membri dell’AMP di tre Scuole. È impressionante come libro nella lingua di Cervantes, come ha sottolineato Alejandra Glaze nel libro. Naturalmente ogni lingua ha la sua singolarità.
Le edizioni francesi, il 9 settembre, in un evento della École de la Cause freudienne sono state inaugurali ed eccezionali soprattutto per Lacan Redivivus. In portoghese, ho avuto l’opportunità di dirlo all’ENAPOL, la rivista Opción Lacaniana ha preparato un numero speciale. Per l’appunto il 5 maggio ho ricevuto una telefonata da J.-A. Miller. Esattamente lo stesso giorno in cui ha inviato la mail ad Alejandra e come sempre nel mio lavoro, nella mia collaborazione con J.-A. Miller, quando vuole proporre qualcosa mi fa una domanda. E la domanda era se avevo preparato un’edizione speciale di Opción Lacaniana. E ho dovuto dirgli di no, ma che avrei potuto pensarci in 24 ore. Così ho proposto di mandargli questo. Il titolo di Opción Lacaniana era: Lacan, 40 anni dopo… E nell’editoriale, parlo del testo che afferma il momento storico delle pubblicazioni nel Campo freudiano nella celebrazione del quarantesimo anniversario della morte di Jacques Lacan in cui ogni libro, ogni pubblicazione periodica mira a testimoniare l’attualità della psicoanalisi lacaniana come effetto dell’incessante desiderio di Lacan-Miller di far avanzare la pratica lacaniana nella contemporaneità.
Per me una singolarità di Lacan hispano sta nella domanda sulla copertina di Lacan hispano: «Voi, sembra, siete i miei lettori». Nella conferenza di Caracas, Lacan dice quanto segue: «Apparentemente, voi siete i miei lettori e lo siete nella misura in cui non vi ho mai visto ascoltarmi» e lascia aperta la domanda: «Siete i miei allievi?», poiché, come diceva ai suoi allievi, aveva l’abitudine di formarli – éléver – personalmente. Se Lacan accettò che ci potessero essere suoi lettori in tutto il mondo, fu solo con Jacques-Alain Miller che si inaugurò e si aprì un’esperienza della Scuola oltre le frontiere della Francia. Vorrei proporre oggi questa domanda di Lacan a J.-A. Miller, seguendo queste poubelle-icazioni, condensando il termine pubblico e pubblicazioni dell’anno 2021[2]. Per quanto riguarda Lacan hispano, si potrebbe rispondere oggi alla domanda di Lacan? i lettori ispanici sono suoi allievi? C’è qualcosa di questo nella concezione di questo volume e aggiungerei questa domanda a un punto di attualità riguardante gli AE che interpretano la Scuola e la cultura.
Concludo con un aneddoto che non è nuovo perché l’ho detto in francese: l’anno in cui è avvenuto il mio incontro con l’insegnamento di Lacan, nel 1984, ero in un gruppo di studio che leggeva il Seminario XI. Era impossibile per me. Non ho potuto, da quella lettura di gruppo, evocare nessuna frase di quel libro. In contrasto con questa esperienza, nel luglio dello stesso anno, durante un viaggio per partecipare al III Incontro Internazionale del Campo Freudiano, ho conosciuto Jacques-Alain Miller che orienta l’insegnamento di Lacan e che tenne la conferenza Clinica Ironica. Per circa cinque anni mi sono trasferita a Parigi per iniziare una psicoanalisi lacaniana alla ricerca di nuove luci. Cercavo un dire che puntasse sulla particolarità del sinthomo. E sulla scia dell’esperienza di Scuola che fu inaugurata, che fu aperta, arrivarono gli studenti formati direttamente nell’orientamento lacaniano, sia a Parigi che nelle varie Scuole attraversate dalle diverse lingue dell’AMP. A questo si aggiunge l’esperienza extima dell’AMP dal 1992. Queste sono le conseguenze dell’insegnamento di Lacan che hanno dato i loro frutti riunendo 7 Scuole tra quelle europee e quelle sudamericane.
Bene, questo è quello che ho pensato di dirvi oggi per iniziare questa conversazione con Jacques-Alain Miller.
Alejandra Glaze:
Grazie mille, Angelina. Prima di dare la parola a Jacques-Alain Miller, vorrei ringraziarvi per averci accompagnato così tanto nell’organizzazione di questa presentazione. Quindi grazie per il suo sostegno. Jacques-Alain, quando vuole…
Jacques-Alain Miller:
Ebbene, è un fatto che con me – come dice Angelina – si è inaugurata un’esperienza di Scuola o di Scuole oltre i confini della Francia. È vero che Lacan si interessò poco agli altri paesi. Ha cercato di creare un gruppo italiano perché diversi italiani erano in analisi con lui, ma non è riuscito a creare una Scuola italiana nonostante i suoi sforzi per 2 o 3 anni. Ma bisogna dire che dall’Argentina ha conosciuto Oscar Masotta, il primo argentino a fare il viaggio verso la Francia, e ricordo che Lacan mi ha presentato Oscar Masotta a Parigi, dicendomi: “Il mio allievo, Oscar Masotta”. Non ho mai dimenticato quella presentazione. Ma ce ne sono uno, due, tre che sono venuti a Parigi in quel periodo. Ricordo soprattutto l’aneddoto raccontatomi da un collega argentino, Iliasof, che ora è morto, ma che una volta era stato nello studio di Lacan. E gli aneddoti di quel rapido incontro sono molto divertenti ma non ve li racconterò oggi. In generale, notavamo – noi, i suoi studenti, la metto così – la presenza degli argentini a Parigi. E non c’era – non credo – nessuno degli altri paesi sudamericani a fare il viaggio in quel periodo. Forse mi sbaglio e i colleghi mi correggeranno, ma – per quanto ne so – questo è vero. Così come non ci sono stati spagnoli che hanno fatto il viaggio e che si sono fatti conoscere da Lacan e da noi. E questo non preoccupava Lacan. Quelle persone, in un certo senso, non esistevano per lui ed è morto in quella lettura. Fortunatamente, un anno prima della sua morte si era recato in Sud America su invito della signora Rabinovich – anche lei oggi morta – e abbiamo inventato un invito a Lacan a Caracas perché a Buenos Aires, in quel momento, c’era la dittatura e si è tenuto un incontro con la presenza di Lacan che ha permesso a molti di conoscere una volta la persona di Lacan. Ma è con questo che è iniziata la serie degli Incontri Internazionali del Campo Freudiano. Abbiamo dato appuntamento a Parigi nell’82 e molti sudamericani si sono recati a Parigi in quell’occasione. È iniziata una nuova storia di cui siamo gli eredi fino alla creazione dell’AMP oggi guidata da Angelina.
Questa è la mia risposta.
Alejandra Glaze:
Grazie mille. Bene, come tutti sapete, abbiamo organizzato – avete visto il banner – una presentazione di questa attività e abbiamo organizzato, diciamo, due tavoli virtuali. Questa prima tavola si chiama Risonanze e abbiamo invitato alcuni giovani colleghi dell’AMP a darci le loro risonanze sulla loro lettura di questo libro. Quindi daremo la parola prima a Victoria Paz, psicoanalista di Parigi, argentina e membro della École de la Cause freudienne.
Victoria Paz:
Buona sera. Interverrò con un breve testo e alcune domande che rivolgerò a Jacques-Alain Miller.
Jacques-Alain Miller:
Victoria è alla mia sinistra.
Victoria Paz:
Ebbene, Lacan hispano fa parte della serie di tributi che la comunità analitica rende a Jacques Lacan nel quarantesimo anniversario della sua morte. Ognuna di queste pubblicazioni, dando conto di un insegnamento e di un desiderio che si mantengono vivi, non solo commemorano, ma celebrano la vita e l’eredità di Lacan. Vorrei sottolineare che Lacan hispano mostra anche che la trasmissione della psicoanalisi lacaniana nel mondo e, in particolare, nei paesi di lingua spagnola è intimamente annodata al lavoro e al desiderio di Jacques-Alain e Judith Miller. Questo volume è nato dall’impulso di Jacques-Alain Miller, che ha messo in moto un intenso transfert di lavoro nella comunità analitica di lingua spagnola. Lacan affermava nella Nota aggiunta all'”Atto di fondazione” che l’insegnamento della psicoanalisi può essere trasmesso solo attraverso il transfert di lavoro. Voleva una Scuola composta fondamentalmente da lavoratori decisi la cui forza motrice fosse il transfert di lavoro in relazione alla causa analitica. Recentemente, Miller ha parlato della sua vita con Lacan e di come gli ha trasmesso il gusto del lavoro e l’impegno per la causa.
Jacques-Alain Miller:
Beh, avevo già il gusto del lavoro, ma del lavoro sui filosofi, su Cartesio, su Spinoza, su Nietzsche. Mi ha fatto cambiare la mia specialità.
Victoria Paz:
Ne ha parlato in Polémica Política, molto interessante in questo il gusto della trasmissione. Ho pensato che fosse interessante riprenderlo.
Penso che, tra le altre cose, l’eredità di Lacan – che ci è stata trasmessa da Miller – stia nella responsabilità di assumere un rapporto di lavoro deciso con la causa analitica. In Lacan hispano questa eredità si cristallizza perché per ognuno degli analisti che vi hanno partecipato, a partire da Alejandra Glaze, la fretta e la gioia si sono annodate in un transfert di lavoro impegnato che ha permesso di produrre un libro importante in un periodo di tempo molto breve. Spinto dal desiderio di colui che Lacan aveva designato come “almeno uno che mi legge”, Lacan hispano dà conto di una lettura singolare di fenomeni singolari, sociali e politici. Come sosteneva Lacan ne “La Terza”, è nell’interpretazione della società e del suo disagio che si situa la battaglia dell’analista. Ogni sezione di questo libro – Letture lacaniane, Lacan e le istituzioni analitiche, Lacan e la sessuazione, Psicoanalisi e politica, tra le altre – chiarisce il modo in cui il discorso legge e reinterpreta questo reale che si incrocia e con cui ogni soggetto – senza eccezione – deve fare i conti.
Lacan ha fatto la scommessa di fondare una Scuola che fosse una base operativa contro l’egemonia del conformismo. È un’eredità di cui siamo responsabili e di cui questo volume è anche un resoconto, così come un impegno per il futuro della psicoanalisi. Questa prima fondazione della Scuola, antecedente a tutte le altre dell’AMP, fu l’atto di un solitario scomunicato giudicato eretico il cui insegnamento era stato ridotto al silenzio. Quale migliore celebrazione, dunque, di quella di Lacan hispano che continua a trasmettere in modo vivo l’insegnamento di Lacan? Che la messa in atto del transfert di lavoro produca una riflessione sul modo in cui il discorso analitico permea e interpreta la società e, molto particolarmente, nel contesto attuale in cui ancora una volta la psicoanalisi lacaniana vuole essere messa a tacere.
Vorrei poi invitarla a parlare del suo desiderio di rendere omaggio a Lacan, un desiderio che genera un importante transfert di lavoro nell’AMP e perché questo libro in spagnolo era necessario per lei. L’originalità della sua proposta per quanto riguarda i temi scelti mi porta anche ad invitarla a parlare della novità introdotta da questo volume, che tratta di alcune figure di spicco della cultura ispanica nel mondo, alla maniera di Lacan – che è come Jacques-Alain Miller ci ha invitato a mettere al lavoro la proposta che dovevamo trasmettere, alla maniera di Lacan.
Jacques-Alain Miller:
Grazie, Victoria. Sono d’accordo con lei sul ruolo che dà al transfert di lavoro nella realizzazione del libro. La maggior parte dei testi di questo volume non ripetono le teorie e le formule di Lacan, ma le mettono in pratica ispirandosi al lavoro stesso di Lacan. Una cosa che dice mi sembra più problematica quando mi viene chiesto perché questo libro è necessario. Non so se fosse necessario. Può essere che sembri necessario una volta fatto. È vero che ora non si può immaginare il Campo freudiano senza questo libro, ma se si considerano le circostanze della sua nascita, la fretta e la contingenza appaiono come le funzioni prevalenti.
Dirò qualcosa sul mio istante di vedere. Perché la realizzazione è iniziata il 5 maggio? Molto tardi, vale a dire che non avevo idea l’anno prima, o nel gennaio dello stesso anno, di fare un libro del genere. Nemmeno Lacan Redivivus. Pensavo a un omaggio molto più piccolo in Francia a settembre, ma il mio istante di vedere, il mio desiderio iniziale è nato dall’idea della pubblicazione dell’intervista che ho fatto molti anni fa a Gloria, la segretaria di Lacan. Fu l’unica occasione in un ristorante di Parigi in cui Gloria parlò facilmente tra noi di Lacan nel suo studio. Abbiamo un sacco di aneddoti, alcuni dei quali sono ripetuti nell’intervista. Inoltre, ha conosciuto Judith quando aveva 9 o 10 anni, quando lei stessa aveva 20 anni. È stato molto divertente ascoltarli mentre ricostruivano episodi della vita della famiglia di Lacan. È l’unica occasione in quel ristorante in cui Gloria accettò quello che non le avevo mai proposto prima di quella sera, parlare del suo lavoro con Lacan dalla mattina alla sera e mi confidò che una volta disse a Lacan che non voleva rimanere fino a sera, che voleva avere una vita intima più lunga. Lacan all’inizio non era entusiasta dell’idea, ma poi accettò. Ed è la prima volta che ho proposto a Gloria, che ha accettato, di parlare di questo lavoro con Lacan, della sua profonda amicizia con Judith davanti a un registratore, un microfono, e di dire queste cose intime che non si trovano da nessuna parte. E ha rifiutato tutte le richieste dei biografi di Lacan di dire una sola parola su di lui. Quell’intervista mi è sembrata estremamente precisa, ma così intima che mi sembrava anche sconveniente pubblicarla. Ma il mio istante di vedere è stato nel momento in cui ho pensato che una tale pubblicazione poteva essere fatta in occasione del 40° anniversario della morte di Lacan.
Nel tempo di comprendere – che segue l’istante di vedere – ho pensato di costruire un intero volume in francese su un Lacan intimo, sconosciuto al pubblico e al Campo freudiano. Naturalmente, era sicuro che questo volume potesse essere tradotto in tutto o in parte in spagnolo e in altre lingue. Posso aggiungere che il volume francese sarà tradotto integralmente e pubblicato dall’editore dei seminari di Lacan, cioè Paidós. Era possibile tradurre solo questo volume francese, ma mi sembrava più originale fare diverse pubblicazioni in diverse lingue parlate nel Campo freudiano. E dapprima ho pensato agli ispanofoni, perché? Perché lo spagnolo ha il maggior peso nel Campo freudiano, molto più del francese. Bisogna dirlo. È impossibile immaginare un presidente dell’AMP che non possa capire e parlare lo spagnolo. I colleghi appartengono a tutte le Scuole di lingua spagnola del Campo freudiano. Ho pensato che ogni pubblicazione dovesse avere uno stile originale.
Per lo spagnolo ho avuto un’idea che non avevo mai avuto prima: non raccogliere studi sull’insegnamento di Lacan, ma mostrare cosa si può fare, pensare e scrivere con questo insegnamento. Da questo punto di partenza, mi è sembrato che gran parte di questo volume dovesse essere dedicato a grandi figure della cultura spagnola, dei paesi che parlano spagnolo. In fretta e furia – credo in una notte, forse il 6 maggio – ho stilato una lista sia di possibili autori che di argomenti che potessero essere interessanti per loro. Questo è stato il punto di partenza con i suggerimenti e le aggiunte di Alejandra in modo da condividere la responsabilità della lista finale. Tutto questo fu caratterizzato, come ho detto, dalla fretta e dalla contingenza. Se avessi dimenticato l’intervista con Gloria, il volume francese non sarebbe esistito, né quello ispanico. Se Alejandra non avesse abbracciato il progetto con entusiasmo, un volume ispanico non sarebbe mai stato possibile perché non conoscevo personalmente i redattori di Paidós e credo che non avrebbero potuto dedicarsi a una pubblicazione così rapidamente come in 5 mesi. Se Alejandra non avesse scelto le quattro équipes di redazione composte da colleghi altrettanto entusiasti, il progetto sarebbe stato impossibile da realizzare. Se gli autori non avessero accettato la mia scelta del tema e non fossero stati in grado di scrivere a pieno ritmo, il volume sarebbe stato irrealizzabile. Quindi è un miracolo che questo progetto sia uscito sotto forma di un libro impeccabile. Devo dire che ora non so come sia stato possibile in così poco tempo. Dirò che si trattava del “miracolo Alejandra e dei suoi compagni”.
Il mio desiderio era che questo volume inedito potesse aprire un nuovo modo di lavorare nel Campo freudiano, non solo per esporre ed esplorare l’insegnamento di Lacan, ma per mettere il suo insegnamento al lavoro su altri temi come facciamo nei casi clinici. I casi clinici non sono più quelli di Lacan. Usiamo l’insegnamento di Lacan per esporre e ordinare i casi clinici. Risponderò dunque di sì al fatto che questo volume è necessario nella misura in cui si aprirà un nuovo modo di lavorare nel Campo freudiano, necessario per mantenere vivo e attuale l’insegnamento di Lacan.
Questa è la mia risposta.
Victoria Paz:
Molte grazie
Alejandra Glaze
Grazie mille. Dirò solo una cosa. Anche io sono stata mossa dalla fretta – come lei ha detto – ma la fretta per me aveva a che fare con la pubblicazione nel 2021. Per me era l’anno in cui l’omaggio a Lacan doveva essere fatto. Quella era la mia fretta. E dopo, certamente, devo ringraziare i collaboratori che ho avuto, l’équipe che avevamo composto. Dopo spiegherò come abbiamo lavorato. Grazie mille per le sue parole Jacques-Alain.
Bene, ora diamo la parola a Mariana Schwartzman, membro dell’EOL e che esercita la sua pratica a Buenos Aires. Vorrei chiarire che a questi colleghi abbiamo chiesto dei brevi testi d’introduzione, per formulare una breve domanda a Jacques-Alain Miller in modo tale che lui possa risponderci e raccontarci un po’ su questo progetto.
Mariana Schwarzmann:
Salve. Buon pomeriggio. Buona sera. Vi leggerò ciò che ho scritto per oggi.
Leggere Lacan hispano è stato come una cotta. Mi ha interessata appena è stato annunciato il progetto e quando è uscito, ha suscitato in me qualcosa come un innamoramento. Non poter smettere di leggere, di preoccuparmi di fronte all’incertezza di cosa o come avrei detto oggi qualcosa, aspettare l’appuntamento con voi, e ho potuto smettere di leggere le sue pagine solo quando è arrivato il momento di scrivere le mie parole. Questo libro trasmette un Lacan più vivo che mai o almeno è quello che mi sento di dire.
Comincerò da Lacan e la politica. In tutte queste pagine non c’è altra politica che quella del sintomo. Lacan non era politicamente corretto, come non lo è neanche il sintomo. Ha dedicato la sua vita a mettersi di fronte ai suoi allievi facendo una lettura pubblica del ritorno a Freud, che ha avuto conseguenze perfino per se stesso, conducendolo al di là del Padre. Così, mentre la politica risponde al discorso del padrone come cattura del soggetto da parte di un significante dominante, la posizione della psicoanalisi mira a disidentificare il soggetto da quel significante affinché possa contribuire con la sua singolarità. “Fate come me. Non imitatemi” s’intitola uno dei testi che riprende uno dei detti di Lacan che è la base del suo programma di trasmissione: puntare alla singolarità e non all’identificazione come obiettivo della formazione degli psicoanalisti. E nelle tracce dei racconti che potrete leggere degli analizzanti di Lacan in questo libro, troverete un Lacan analista agli antipodi dell’analista silenzioso e inerte, ma anche agli antipodi di un analista come Meltzer, che è arrivato persino a dipingersi un neo dopo che si era cancellato nel tempo.
Apro una breve parentesi per spoilerare qualcosa. Nei testi vi troverete anche con Silvina Ocampo, con Alejandra Pizarnik, con Chavela Vargas, ma anche Borges, Gongora, Lope de Vega, Cervantes, Federico Garcìa Lorca saranno della partita. Mi soffermerò su Cortazar. Leggo qualcosa di breve. «Cortazar prova a prendere qualcosa del reale e prova a dirlo. Inventa un sacco di trucchi contro le parole. Non solo per svalorizzare il loro contenuto, ma anche – e molto in particolare – con l’intenzione di piegarle, di sottometterle e di metterle al servizio di chi vuole utilizzarle». In questa stessa modalità, i racconti degli analizzanti di Lacan rendono conto di come lui, con la sua operazione, fa uso delle parole per piegarle, inventando trucchi alla ricerca dell’emergenza di un reale vivente che si impadronisca della scena analitica.
Finirò dicendo che in queste pagine c’è la palpitazione di Judith Miller e spero di avervi contagiato un pochino con la mia propria urgenza di fronte all’incontro con Lacan hispano.
E lascio la mia domanda a Jacques-Alain Miller che è emersa nella mia lettura su queste questioni tra psicoanalisi e politica. Leggo: «Lacan rende manifesta l’impotenza del discorso politico che sia conservatore, rivoluzionario, progressista, per trovare un’uscita di fronte al disordine e all’eccesso di godimento che emana dal discorso capitalista». In questo modo, capisco che il discorso analitico sarebbe allora un’uscita dall’identificazione e dal discorso capitalista, a condizione che non sia solo per alcuni. Lei ritiene che oggi si possa ancora sostenere questa affermazione lacaniana?
Grazie.
Jacques-Alain Miller:
Trovo molto divertente l’identificazione che lei fa di Lacan con il sintomo. Non avevo mai pensato a questo e mi sembra vero dire che Lacan era un sintomo di disfunzionamento del discorso analitico, specialmente quello nelle mani degli anglosassoni. Era il sintomo di ciò che non andava nel discorso analitico. C’è un’obiezione che si può fare. Il sintomo dà dolore mentre Lacan ci dà piacere a leggerlo, ma si può rispondere che questo tipo di sintomo dava dolore agli altri. Precisamente ha questo di analista, ma è una cosa a sviluppare l’identificazione di Lacan con il sintomo così come lei lo introduce.
Trovo anche molto pertinente la sua domanda sulle formule di Lacan in riferimento al discorso capitalista. Lei non è sicura che oggi possiamo sostenere la teoria di Lacan rispetto a questo discorso. Ecco la mia risposta. È doppia. Sì, a mio parere questa teoria continua a essere corretta e inspiratrice. Questa è la mia prima risposta. La seconda è no. Quella teoria non ha oggi lo stesso interesse di prima. In un certo senso, Lacan era considerato come dogmatico da quelli che avevano verso di lui un transfert molto negativo, persino ostile e mortifero, Lacan che era considerato un dogmatico, era in realtà un opportunista. Provo a spiegarlo. Certamente lui era molto rigoroso, logico, perseguiva la propria strada senza mai deviare. Questo carattere compare – devo dire – in una lettera indirizzata a suo padre di quando lui aveva 17 anni e in un’altra risposta avevo previsto di leggere una parte di questa lettera che trovo straordinaria, di un adolescente di 17 anni che aveva già deciso di seguire la propria strada senza lasciarsi intimidire da nessuna autorità, fosse questa l’autorità di Bossuet o di Voltaire. Allora, un tipo rigoroso che non devia dalla sua strada.
Secondo. Allo stesso tempo, era molto sensibile all’attualità, al contesto politico, psicoanalitico e filosofico. Ho svariati esempi. Ho pensato in fretta. Nel suo primo insegnamento, si riferisce molto a Hegel. In quel tempo, Hegel aveva nella filosofia francese un posto eminente e bisogna ricordare che Lacan negli anni ’30 seguiva il seminario di Kojève su La genealogia dello spirito in compagnia di pensatori che furono molto importanti nella filosofia e nella letteratura francese. Per esempio, lo scrittore Raymond Queneau. Non so se lo si conosce. È stato lui a curare il seminario di Kojève. O Raymond Aron, un pensatore della sociologia. Anche Merleau-Ponty, filosofo, il quale sviluppò l’esistenzialismo insieme a Sartre e tanti altri di cui si dovrebbero cercare i nomi perché non ho avuto tempo di farlo. Allora, quando Lacan parlò di Hegel era perché era prevalente nella filosofia francese e, certamente parlava di Hegel in modo molto differente dagli altri che facevano parte del mainstream della filosofia. Era molto originale, ma era un tema di attualità nel pensiero francese.
Secondo esempio. Quando fece il suo seminario sulla relazione di oggetto, quel tema era di stragrande attualità nella comunità analitica inglese e americana, specialmente, direi, neokleiniana.
Terzo esempio, più vicino a noi, nel 1968. Il maggio della ribellione degli studenti, a Parigi, in seguito mantenne l’interesse su questo tema per due o tre anni, e alcuni di questi ribelli seguirono il seminario di Lacan. È stato allora che Lacan parlò del discorso capitalista. Il capitalista era una preoccupazione dei giovani ribelli che si chiedevano come uscire dal capitalismo verso tale o quale versione del comunismo. Questo perché anche Marx in quei tempi aveva un’importanza che negli anni successivi è diminuita. E Lacan nel suo insegnamento dava una risposta alla passione dei ribelli in un certo senso amichevole, ma sottolineando l’impasse della loro strada. Raymond Aron, per esempio, era arrabbiato contro i giovani. Lacan mi parlò di Raymond Aron, che conosceva e disse che a lui non piaceva affatto quella rabbia conservatrice, reazionaria che Raymond Aron aveva. Gli sembrava – direi – stupida. Lui si interessò e formulò delle cose sul discorso capitalista perché era una preoccupazione dei giovani di quelli anni. Ora non è più un tema di attualità perché l’URSS è caduta e perché i cinesi hanno inventato una versione totalmente inedita, totalmente sorprendente, di un’alleanza tra un partito comunista specialmente totalitario e il capitalismo oggi più sviluppato al mondo, al punto tale che si dice che supereranno gli Stati Uniti. Ad ogni modo, il discorso capitalista non è tanto di attualità. Molto di più di attualità sarebbe come fanno i cinesi e come si preparano per il futuro a partire dal compromesso di quell’immenso paese, di quella immensa popolazione. Sembra che quello che si può prevedere è un futuro che non c’entra nulla con il nostro passato e il nostro presente.
Ultimo esempio. Il suo testo Lo Stordito, chiaramente per me, anche se i nomi non compaiono nel testo, è una risposta a L’Antiedipo di Deleuze e Guattari. Questo si vede alla fine del testo, quando dice che ha ottenuto più di Freud – che aveva dovuto cercare nel Presidente Schreber per analizzare le coordinate delle psicosi – ma che lui aveva generato due folli. E questo, chiaramente, senza fare i nomi, è rivolto ai promotori de L’Antiedipo che certamente avevano letto Lacan. Guattari era membro della Scuola di Lacan. Deleuze non seguiva direttamente Lacan, ma la sua moglie veniva ai seminari di Lacan. In questo testo ha dimostrato che la psicoanalisi si poteva sostenere senza nessun riferimento all’Edipo. Questo è il segreto di questo testo. C’è la difficoltà propria di questo testo, ma ciò che è più importante è che non parla dell’Edipo per esporre la psicoanalisi.
È la mia risposta alla sua domanda. Si, Lacan ha parlato del discorso del capitalista, così come degli altri quattro discorsi. Si può dire che ha fatto soltanto un’eccezione al gruppo dei quattro discorsi aggiungendone uno in più: il discorso capitalista. Allora, non si possono studiare i quattro senza pensare al quinto – che non è molto chiaro, perché Lacan non ha fatto uno schema di questo discorso, solo una volta, credo, in Italia, in un testo che è comparso solo in italiano da una casa editrice molto piccola, e inoltre gestita da cattolici tradizionali, che non si trova sul mercato. È un lavoro che devo fare, farlo pubblicare in francese da Navarin e anche da Grama, ma non l’ho fatto per mancanza di tempo. Penso che bisogna studiarlo, ma allo stesso tempo riconoscere il contesto – non più quello del ’68 – e in questo senso, il tema è invecchiato.
Grazie per la sua domanda che mi ha permesso di esporre la mia teoria su Lacan opportunista in questo senso.
Alejandra Glaze:
Molto interessante. Ora dobbiamo aspettare il testo di Mariana che ci parli del sintomo-Lacan, la lettera che oggi ci ha promesso di Lacan quando aveva 17 anni e tutto questo programma di lavoro che ci ha presentato e che apre verso un nuovo campo di studio, molto interessante.
Bene, ora diamo la parola a Erick Gonzalez, psicoanalista a Barcellona e membro della ELP. Benvenuto Erick.
Erick Gonzalez:
Grazie Alejandra. Bene, una grande opera collettiva, lo si sente dire dappertutto. Faccio un appunto dalla mia semplice posizione di nuovo arrivato, come diceva Macedonio Fernandez. Per me si tratta di una grande opera plurale e quel che ha di plurale – non di collettiva – è nel senso di diversa, divertente, non universale. Questa varietà di stili in ciascuno dei testi è stato per me esplicito, quasi un out in the open, di andata e ritorno. Di ritorno perché a volte questo ‘a cielo aperto’ si presenta nuvoloso. Allora, una certa atmosfera di mistero ha accompagnato il mio ingresso, il mio attraversamento dei sentieri biforcati da soglie consecutive che ci ricevono in ciascun testo, artista, opera, psicoanalista dell’immenso primo capitolo Letture lacaniane. Libro-stile, libro di vite, stile di vita, ho pensato. È sconvolgente, ma, dove andiamo? mi sono chiesto anche.
Lacan e la lingua ispana, Lacan ispano. Un secondo mistero per me, verte sul titolo. Perché Lacan hispano? Perché non, per esempio, Lacan hispanoamericano? Già nella cornice della sua copertina abbiamo Lacan a Caracas …
Jacques-Alain Miller:
Ci sono anche gli spagnoli e alcuni francesi che scrivono.
Erick Gonzalez :
Esatto
Jacques-Alain Miller
Non tutto è Sudamerica. Vedo un imperialismo del Sudamerica, un imperialismo argentino, mentre si parla tutto il tempo di imperialismo francese. Nel Campo freudiano piuttosto, c’è un imperialismo della lingua castigliana.
Erick Gonzalez:
Si, questo è stato il mio percorso. È una domanda che si risponde dopo. Dicevo che nella cornice della copertina abbiamo Lacan nel 1980. Che strano luogo per Lacan, Caracas! – ho pensato, lì dove sono nato. E quella estraneità rimane ritratta in quella foto fatta da Vasco Szinetar. Nella copertina, la foto intera, sul dorso Lacan di profilo, così come lo descrive Esthela Solano nel suo testo, con i capelli minuziosamente curati, con i suoi vestiti fuori dal comune; nel retro del libro, un riflesso di Lacan su una colonna-specchio che spezza la prospettiva. La foto – potremmo dire – sottolinea/legge il testo su Picasso di Daniela Fernandez e ci introduce nel mistero del corpo parlante. In questo luminoso panorama non dobbiamo rimanere affascinati. Seguiamo la macchia, il nero, il rosso, come nel testo di Briole su Mirò, le nuvole delle domande.
Nella distribuzione dei testi della prima parte si fa palese una certa extimità tra colui che scrive e l’origine geografica dell’oggetto della sua scrittura. Argentini che scrivono su spagnoli, spagnoli che scrivono su argentini, francesi che scrivono su spagnoli e argentini, catalani che scrivono su castigliani, castigliani che scrivono sui catalani. I confini sono sfocati. Piuttosto è un affare di lingua comune, di amuro, di pareti – che inoltre è il nome dell’artista Antoni Tapies, che in catalano vuol dire “pezzo di parete” -, e in relazione ai quali si può leggere che, in certe questioni, siamo tutti assolutamente stranieri, ma allo stesso tempo, no.
Bene, allora, le mie domande a Jacques-Alain Miller riguardano quella che evidentemente è una accuratissima architettura – quella di questo libro – fino a un certo punto, una raccolta dei marchi nei testi dei diversi autori, che lasciano intravedere un compromesso con un senso o di una certa scelta forzata, di una certa spinta all’invenzione, soprattutto in rapporto a ciò su cui hanno dovuto scrivere e la congiunzione “e” che ognuno ha dovuto mettere in tensione, o non, con Lacan. Dico “o non” perché ci sono alcuni testi in cui questo non è esplicito. Allora, com’è stata pensata questa architettura, questo “e” – cioè dire Borges e Lacan, Unamuno e Lacan, eccetera, tra lo stile di ciascuno, la forma in cui ciascun analista ha risposto e risponde e la vita di Lacan, la vita in Lacan, la vita nella Scuola? «Questa Scuola» – ha detto Lacan ed è un riferimento ripetuto nel libro – «se merita il suo nome è qualcosa da dove si deve formare uno stile di vita». Grazie.
Alejandra Glaze:
Spero non prendiate come imperialismo il fatto aver messo la musica di Piazzolla all’inizio di questo evento. Mi sono preoccupata (risate).
Jacques-Alain Miller:
Sono felice che lei dica che questo libro ha un’architettura molto curata. Come ho già detto, l’abbiamo fatto a tutta velocità con una parte di caso molto grande. Sono felice che, per un lettore colto come lei, le sembri il risultato di un’architettura magnifica. Forse molti monumenti che ammiriamo nell’architettura siano stati fatti nella stessa maniera. Bene, ho già detto che la fretta e la contingenza sono state le funzioni prevalenti della realizzazione di questo libro, certamente con la cura e l’energia che abbiamo messo in questo libro.
Lei parla della spinta all’invenzione e devo dire che è così. Mi sembra un’espressione molto giusta e così l’ho pensato. Era come un’invenzione forzata: i colleghi che hanno accettato di scrivere su un tema che avevamo proposto, sono stati obbligati a dimostrare una certa invenzione, più o meno realizzata in questo o quel testo.
Terzo punto. Lei parla della messa in tensione con Lacan, cercando l’ispirazione dallo stile di Lacan. Non si tratta dello stile nel senso dello stile della scrittura, ma dello stile di pensiero – non so come dirlo -, del metodo o della maniera di Lacan. Lei pone la domanda del rapporto tra lo stile di Lacan e la vita di Lacan. Questa domanda mi ha sorpreso veramente perché lei si appoggia su una frase di Lacan che penso – non ho avuto tempo di verificare – sia estratta da un testo sulla fondazione della École Freudienne de Paris, negli Altri Scritti. La frase di Lacan nella sua citazione è questa: «Questa Scuola, se merita il suo nome, è qualcosa dove si deve formare uno stile di vita». Non ha niente a che fare – a mio parere – con lo stile di vita di Lacan. È un riferimento – e Lacan esplicitamente lo dice in questo testo, se ricordo bene -, alle scuole filosofiche dell’antica Grecia, dove effettivamente c’erano scuole – quelle che si chiamavano scuole – originariamente create da una congregazione di gente intorno a un pensatore come Platone o Aristotele e che, a partire da loro, si sviluppava una Scuola propria che aveva uno stile di vita specifico. Anche gli stoici, gli epicurei – come dice Victoria – e ho letto parecchi libri che studiano lo sviluppo della scuola platonica nei secoli e con un’organizzazione gerarchizzata con gli insegnanti. Erano veramente scuole. E Lacan si riferisce a questo, allo stile di vita degli stoici, ecc. In modo che, secondo me, non ha niente a che vedere con lo stile della vita propria di Lacan. Ciò che è vero è che – come dice la frase – aveva l’aspirazione di creare qualcosa così, con uno stile di vita proprio degli analisti e una Scuola che potesse sopravvivere a lui stesso – cosa che abbiamo fatto, bisogna dirlo. Non so se questo, l’AMP, le Scuole, dureranno per secoli. Non mi sembra, perché nella modernità le cose cambiano molto, ma nel nostro tempo – e possibilmente nel tempo dei nostri nipoti – questo continuerà. Possiamo discutere della forza di resistenza delle nostre Scuole che, per il momento, hanno diverse difficoltà in relazione in primis con la passe – come abbiamo detto due settimane fa all’École de la Cause freudienne. È di gran attualità.
Cos’è lo stile di vita promosso da Lacan? Mi sembra che si trovi nel suo Seminario sull’etica. Dice più o meno come deve comportarsi un analista: non obbedisce né accetta di ridursi al senso comune, segue la sua propria strada – come Lacan stesso ha fatto, questa è la parte vera di quello che lei dice – e si allontana dai fenomeni di massa, che ha sempre una riserva contro i fenomeni di massa – inclusi i fenomeni politici di massa – e allo stesso tempo, come si conosce bene, non indietreggia mai davanti al proprio desiderio. Se dovessi valutare quello che dice in quel tempo, negli anni ’50, valutare questo nel nostro tempo, è come nel discorso capitalista. Negli anni ’50, la questione della tragedia preoccupava i filosofi e gli scrittori francesi. Ci sono molti scritti su questo. E anche Lacan studia Antigone, ecc., la tragedia. E offusca l’analista che attende, che desidera – devo dire – come un eroe, come Antigone che è un’eroina. Quello era ai tempi degli anni ’50.
Per noi, dire che gli analisti ci appaiono oggi come degli eroi ed eroine ci fa ridere perché dopo il magnifico elogio del possibile stile degli analisti, Lacan, – poco dopo – ha spiegato che il luogo dell’analista era quello dell’oggetto piccolo a. L’oggetto piccolo a non ha niente di eroico. È uno scarto. Lacan ha abbandonato l’esaltazione del ruolo dell’analista come eroe, ma bisogna continuare a studiarlo. Ciò che Lacan dice dopo non annulla ciò che ha detto prima. Lo stesso vale per l’ultimissimo insegnamento di Lacan: non annulla il resto. L’ho detto parecchie volte. Quando parlavo dell’ultimo insegnamento, rispetto al quale devo dire che nessuno ne parlava prima che io lanciassi la cosa nel mio seminario, si parlava soltanto della tecnica dei nodi, ma bisognava capire la teoria soggiacente a quelle manovre con i nodi. Devo dire che, nell’ultimo insegnamento, per dirlo nel modo più evidente e semplice, Lacan distrugge metodicamente ciò che aveva costruito. E penso questo – è la mia teoria della cosa, non so se l’ho già esposta prima, non credo – che Lacan anticipava tutte le crescenti critiche che si sarebbero fatte sulla psicoanalisi. E anticipando queste critiche, faceva la critica più forte che si poteva fare, fino a dire che la psicoanalisi è una escroquerie, una truffa. Nessuno poteva dire cose peggiori e, infatti, è qualcosa che fa zittire i critici. Lacan, però, non è solo colui che ha costruito l’insegnamento più forte nel Campo Freudiano, nel campo analitico, ma è anche colui che ha superato tutti i critici di quello stesso campo.
Dirò la stessa cosa rispetto alla passe. Quando Lacan introdusse la passe nella sua Scuola, nella Proposta del 1967[3] – è giusto collocarlo nella congiuntura di quel momento – tutti i notabili della Scuola erano contro. Lacan aveva proposto questo in una riunione dei notabili, dei membri – non sono stato convocato a quella riunione – e dopo c’è stata un’altra seduta in cui i notabili dovevano rispondere. Ho tenuto tra le mani la decrittazione esatta della discussione che aveva avuto luogo in quella seconda seduta. Mi vergogno di non sapere ora dove siano quelle pagine ed è molto divertente conoscere tutte le obiezioni che si presentano. Inoltre, ci sono testi di Lacan a riguardo, il discorso alla Scuola[4] che è anche una risposta a quella seduta scritta dai notabili. E Lacan era – come dire – timoroso dell’assemblea, dei membri, dell’insieme dei membri – non solo i notabili – era così timoroso della reazione dell’assemblea, non era affatto sicuro che la sua proposta sarebbe stata approvata che scelse una maniera di votare molto inedita – questo lo presenta in uno scritto che si trova negli Altri Scritti -, quella di praticare un voto preferenziale. Cioè, non scegliere tra “si o no”, se si approvava la proposta, un voto binario, e pensò che non voleva fare quella votazione perché non era sicuro di avere la maggioranza; ma nel voto preferenziale ciascuno deve indicare ciò che preferisce in primo luogo, poi ciò che preferisce in secondo luogo e in terzo luogo. Qual è l’effetto di questo – cosa che nessuno ha visto a quell’epoca-? Il fatto che tutti quelli a favore della proposta sarebbero stati tutti insieme e che gli incontri si sarebbero divisi in due possibilità e quel voto preferenziale avrebbe assicurato la maggioranza a Lacan. Lo trovo molto divertente. In seguito sulla passe ci sono state molti voci, ostilità nei confronti della passe già votata, c’è stato un pessimo movimento nella Scuola, si diceva che era un apparato per uccidere le persone, insomma, cose completamente folli, ma questo è accaduto. Ho detto a Lacan – l’ho consigliato – che si dovevano spurgare quelle cattive posizioni, la malvagità di quelle opinioni, e che si doveva fare una grande assise. Come si dice assise? Una gran conversazione sulla passe con tutti i membri della Scuola. Lui accettò e io organizzai con una collega quella conversazione, non a Parigi, ma a Deauville – a 150 km da Parigi, per avere un luogo totalmente distinto e lì le critiche furono esposte, con una certa riserva perché Lacan era presente. Tutto questo si faceva alle sue spalle. Il semplice fatto che fosse presente e che i critici dovessero parlare dalla tribuna, li rendeva molto più prudenti. E, alla fine, Lacan disse: «La passe è un fallimento». Si mostrò più critico di tutti gli altri. Ciò significa che nessuno poteva dire peggio di quello che Lacan aveva detto, e così recuperò la tranquillità a proposito della passe. È la stessa maniera di fare le cose che ho esposto prima rispetto all’ultimo insegnamento che distrugge il precedente. E con la frase «La passe è un fallimento» poteva faire taire, ammutolire i critici e avere la possibilità di far funzionare la passe, precisamente. La cosa divertente è che quasi tutti i membri hanno preso questa cosa in modo univoco, come dicevano, e cioè che non si doveva più praticare la passe; in realtà, Lacan continuò con la passe nella sua Scuola, a tal punto che quando ci fu la dissoluzione della Scuola, devo dire, fui l’unico con i miei amici – con Éric Laurent e altri – a difendere la passe. E nessun gruppo lacaniano, neo-lacaniano, che nacque dalla dissoluzione, ha ripreso la passe. L’ École de la Cause freudienne fu l’unico gruppo a riprendere la passe, non fu bloccato dalla frase: «La passe è un fallimento». Era il modo di ammutolire tutti i critici.
Posso aggiungere qualcos’altro sulla vita di Lacan perché lei ha introdotto il tema. Ci sono molte cose sulla vita di Lacan, la vera vita di Lacan. Ci sono vite immaginarie di Lacan, che vengono, in genere, da coloro che hanno un transfert negativo verso Lacan, e anche da coloro che hanno un transfert molto positivo di Lacan, un gigante, o un personaggio più grande della vita, un Dio. Io non ho mai preso Lacan così. L’ho conosciuto in un’epoca in cui lavorava molto. Nell’intimità era un tipo molto gentile. Non esprimeva ostilità verso gli altri. Ciò che gli piaceva era ascoltare aneddoti sull’ambito letterario e filosofico. Per l’ora dei pasti bisognava avere degli aneddoti da raccontare perché lui li aspettava per divertirsi. Nel volume francese, la gente scoprirà il vero Lacan come era nell’intimità. Ma mi riferirò solo a due testi che si trovano in quel gran volume. Il primo è molto breve, è la nota di – suppongo – uno, dirò esattamente chi è … il direttore del Collegio Stanislas in cui Lacan si è formato e che era un collegio cattolico i cui insegnanti erano dei religiosi. Ha una grande reputazione. Ancora oggi esiste e si rispetta per la sua disciplina e il successo dei suoi allievi negli esami. Allora, è una pagella del marzo dell’anno 1918, quando Lacan aveva 17 anni perché è nato nel primo anno del secolo. E il Direttore scrive questo su Lacan a 17 anni: «Osservazioni del Direttore. Jacques è intelligente, ma poco diligente, curioso ma non come gli altri. Il suo lavoro è irregolare e i professori si lamentano della sua diplomazia a nel non rispettare il regolamento». Vuol dire che già a 17 anni si rifiutava di obbedire ai regolamenti. E ciò che è più importante è che è rimasto tra le carte di Lacan perché – credo – per lui era una testimonianza di valore. Il secondo documento è anche dello stesso anno e si rivolge a «Mon cher petit papa», «Mio caro paparino». Ci sono parecchie cose di famiglia e a un dato momento Lacan dice a suo padre, a 17 anni, come si dirige nella vita:
«La mia personalità consiste nel fatto che rifiuto di me laisser bourrer le crâne, rifiuto di lasciare che gli altri mi mettano delle cose in testa… – È un’espressione molto francese: bourrer le crâne – secondo il metodo scientifico. Prima guardo quelli che sono i fenomeni e poi studio le leggi a cui obbediscono. E dopo posso pensare di modificarle se questo è il mio interesse. Rispetto la tradizione perché, al meno in parte, è costituita da concetti e costumi che sono buoni per l’uomo e perché senza non sarebbe sussistito. Sono troppo convinto dalle teorie evoluzioniste per non essere convinto che qualsiasi processo nefasto venga eliminato dalla sezione naturale. Ma quando vedo gente conservatrice che accumula tutti gli ostacoli di fronte alle forze lente che fanno evolvere la società, in quel momento detesto la tradizione retrograda e quelle forze che si accumulano, finiscono necessariamente per espandersi in modo brusco e nefasto. Così puoi vedere che sono a favore delle rivoluzioni lente preparate con cura e in conformità con le realtà, e non con le ridicole utopie degli svantaggiati. E, felicemente, è presente nel carattere francese il voler trasformare i costumi di un popolo e le sue idee con leggi e con decreti. Articolo 1: tutti i francesi saranno virtuosi. Articolo 2: tutti i francesi saranno felici. È la tipologia di tutte le nostre riforme, che si tratti di politica, di colonizzazione o di educazione. E ciò che è più importante, ho orrore del principio di autorità. Non è perché un uomo si chiama Bossuet, Voltaire o Auguste Comte che ha ragione. Neppure se ha tale o tal altro alto grado universitario. E se vuoi affrontarmi su ciò che voglio dirti, sarà per me necessario aver un certo coraggio perché sotto un regime chiamato democratico non c’è nazione più gerarchica della Francia».
Trovo questo testo stupendo e ancor più perché è un testo di un giovane di 17 anni. Abbiamo pubblicato la fotografia della lettera con la scrittura di Lacan e nella pagina a sinistra la presentazione. Così sono gli inizi della vita di Lacan.
Alejandra Glaze:
Bene. Ricordava che quando abbiamo cominciato questo libro le avevo proposto via mail di proporre anche un evento di omaggio a Lacan con il libro. Bene, è accaduto. Lo stiamo facendo in effetti. Dunque grazie mille.
Jacques-Alain Miller:
Lacan ci insegna anche a non rispettare le opinioni di Lacan, a non rispettare il principio di autorità, anche se si tratta di lui stesso. Siamo del tutto conformi a questa idea.
Alejandra Glaze:
Grazie molte. Do la parola a Joaquín Carrasco, psicoanalista a Santiago del Chile e membro della NEL.
Joaquín Carrasco:
Bene. Grazie mille. Buon pomeriggio, buonasera. Voglio cominciare ringraziando la pubblicazione di Lacan hispano perché penso che sia un libro che ci dà una panoramica su diversi temi che si lavorano attualmente nel Campo freudiano. E certamente ringrazio anche per l’invito a partecipare a questa attività.
Quando ho ricevuto il libro la prima cosa che mi sono chiesto è stata come cominciare la lettura. E scorrendo l’indice, ho optato per leggere i testi senza un ordine progressivo né tematico, ma piuttosto mi sono lasciato guidare dal transfert che mi provocano titoli e autori. Commento dunque qualche risonanza.
- L’arte di fronte all’orrore
Una prima sorpresa è stata constatare l’importante presenza dell’arte in un certo numero di testi: Dalí, Goya, Picasso, Miró sono alcuni dei riferimenti; una constatazione del fatto che gli analisti trovano nel campo dell’arte una valida risorsa per la ricerca e la trasmissione della psicoanalisi. Una risonanza speciale me l’ha provocata il testo di Guy Briole, in cui postula la mutazione realizzata nella pittura di Miró a partire dall’incontro con l’orrore prodotto dal fascismo: un cambiamento radicale nella sua pittura in cui si impose la rabbia e l’ascetismo. È sempre affascinante il modo in cui l’arte diventa un trattamento possibile di fronte all’irruzione di un reale.
Mi risuona, inoltre, in un ritorno di discorsi di odio che mirano alla segregazione. Mi ha ricordato il Disagio della civiltà, la cui lettura in adolescenza ha risvegliato il mio interesse per la psicoanalisi. Lì Freud segnala che il prossimo non è soltanto un possibile punto di appoggio, ma anche una tentazione per soddisfare il peggio. Mi ha ricordato anche la frase di Lacan quando postula che ciò con cui dovremo sbrogliarcela e in modo sempre più pressante è la segregazione. Così come la pandemia, non è la stessa cosa parlarne quando la si sente lontana o quando si avvicina in maniera orrorifica.
- Sulla formazione analitica
Un certo numero di testi fa riferimento alla politica della psicoanalisi. Uno che mi ha causato un interesse particolare è stato quello di Ricardo Seldes. Mi ha risuonato la frase seguente: «La formazione lacaniana, degli analisti, è più esigente di quella dell’Internazionale perché è meno formalista». Fin qui la citazione. Non è semplice scommettere su una formazione il cui percorso non è definito a priori; una formazione che fa posto alla contingenza e che mantiene aperta la domanda su che cos’è un analista. Implica il fatto di muoversi, di arrangiarsi. In un’altra presentazione di libri, quella di Polemica politica, Jacques-Alain Miller ha fatto riferimento alla formazione dell’analista come a un’esperienza di “immersione”, dove ciascuno nuota come può tracciando una via propria. Credo che in questa immersione sia fondamentale fare affidamento su alcuni fari che, senza indicare un percorso predefinito, orientano. È quello che troviamo in Lacan hispano: una serie di coordinate che orientano per la ricerca e per una formazione permanente e singolare. Possiamo contare sulla Scuola per la formazione, anche come rifugio di fronte al disagio nella civiltà. In questa maniera è possibile, per mezzo della sovversione delle identificazioni, fornire un trattamento alla segregazione, quella che collochiamo al di fuori e anche quella che ci attraversa.
Lacan hispano apporta letture sull’epoca e sulla relazione fra la psicoanalisi e altri discorsi. In questa direzione, mi piacerebbe porre due domande a Jacques-Alain Miller. Trascorsi più di quattro anni dalla Conferenza di Madrid, quale è la sua opinione sulla partecipazione e incidenza della psicoanalisi nel campo politico? E secondo: in che modo può intervenire la psicoanalisi nella sfera pubblica per contrastare le tendenze segregazioniste? Grazie.
Jacques-Alain Miller:
Bene. Lei pone due domande sulla partecipazione e incidenza della psicoanalisi nel campo politico e, secondo, l’intervento della psicoanalisi nella sfera pubblica per combattere contro le tendenze segregative. Penso che non sia qualcosa – dirò – di naturale per la psicoanalisi, non è qualcosa che si deduce logicamente dalla psicoanalisi quella di avere incidenze nel campo politico. Avere considerazioni, teorie sul campo politico sì. Freud, per esempio, lo ha fatto nella sua Psicologia delle masse e in altre parti della sua opera, ma l’intervento diretto del Campo Freudiano non appartiene alla tradizione analitica, piuttosto si raccomanda la riserva, il non dire, il silenzio quando si tratta di queste domande.
E inoltre l’analista nella sua pratica deve mantenersi a distanza dal campo politico, sebbene gli analizzanti cerchino un analista che suppongono del loro stesso orientamento politico o sessuale. Per esempio, sono gli analisti gay che analizzano pazienti gay. I pazienti gay vorrebbero analisti gay e alcuni gay si sono trasformati in analisti e la loro squadra è gay. A volte c’è questa corrispondenza.
Però intervenire direttamente nel Campo freudiano non appartiene alla tradizione analitica. Perché esista questa incidenza, questo intervento è necessaria una forzatura – diciamo -, un desiderio deciso di farlo. Questo desiderio deciso l’ha avuto l’École de la Cause freudienne in Francia più che altro quando la psicoanalisi era minacciata da decisioni prese nel campo politico. È stato all’inizio del XXI secolo, la proposta di legge promossa dal capo dei deputati francesi di destra che aveva la maggioranza nell’Assemblea Nazionale. Vale a dire che quella legge voleva esigere da tutti i praticanti psi il possesso di una autorizzazione ufficiale della loro pratica. È stato annunciato nel giornale di sinistra “Libération”, un venerdì in cui mi hanno telefonato e mi hanno spiegato immediatamente che non si sarebbero opposti a questa cosa, a un intervento diretto nel campo politico. E questo è comparso sul giornale il sabato. Ci furono due interviste con colleghi di un gruppo neolacaniano e – credo – uno dell’IPA, se ricordo bene. Loro prendevano una posizione di riserva significativa ed è stato l’unico movimento che avevano fatto in tutto quel periodo. Io in quel momento dissi che stavano tutti sotto al tavolo. L’unico gruppo che è intervenuto in maniera decisa è stata l’École de la Cause freudienne, perché il sabato c’era una Giornata di Scuola, la notte ho chiesto l’approvazione dell’assemblea e c’è stata l’unanimità per combattere quella legge. Non vi racconterò i dettagli. Io non conoscevo nessun politico. Ho cominciato a cercare di incontrare quei politici, a spiegare loro, ecc., e ho avuto più accoglienza da quelli di destra che da quelli di sinistra. Quelli di sinistra non avevano gusto per la psicoanalisi, a loro sembra una disciplina per ricchi, per sistemati – credo. Ma a me non importava di destra o di sinistra, io cercavo appoggi.
Non vi racconterò tutta la battaglia che si è svolta anche attraverso un’intervista in televisione tra me e il promotore di quella legge, non dirò perché promuoveva quella legge per una cosa della sua famiglia, ecc. E devo dire che ho trovato il modo per cui un personaggio molto importante dello Stato ha telefonato al capo dei deputati dicendo: «Lei annullerà la sua proposta» e il tipo lo ha fatto due ore dopo in una conferenza stampa. È stata una forzatura perché nessun gruppo lacaniano o ortodosso, eccetera, ha fatto niente contro quel progetto di legge – conservando la riserva presumibilmente tradizionale degli analisti.
C’è stata un’altra battaglia – non lo racconterò – contro un altro progetto. In quella battaglia ho provato a contattare la moglie del Presidente, la bella Carla Bruni, perché in un giornale avevo letto il suo elogio della psicoanalisi. L’ho contattata e quando sono dovuto andare al Ministero della Salute mi ha detto: «Jacques-Alain, non vuole che venga con lei?», e questo ha fatto molta impressione al ministro. È stato parte della battaglia.
Un’altra occasione, forse più importante, è stata la petizione che abbiamo fatto contro Marine Le Pen alle elezioni tre o quattro anni fa. Sembrava possibile la sua elezione come presidente e abbiamo fatto una petizione, questa volta con alcuni analisti di altri gruppi. Si trattava di una petizione. Non è stata molto importante nell’opposizione a Marine Le Pen. Ho fatto riunioni anche con Bernard-Henri Lévi per riunire gli intellettuali contrari alla Le Pen, ma non erano molto segnati dalla psicoanalisi. Però è stata anche questa una decisione di forzatura della Scuola.
E adesso abbiamo una battaglia rispetto ai trans. Bisogna dire che la questione è brûlante, brucia proprio ora. E la Scuola – non io – con il suo presidente e il suo vicepresidente hanno avuto successo su un punto molto minaccioso per la psicoanalisi. Anche Victoria ha ricevuto il comunicato del presidente e del vicepresidente.
Victoria Paz:
Una grande battaglia.
Jacques-Alain Miller:
Una grande battaglia. Parlerò di questo più tardi. Devo dire che è più conforme allo stile psicoanalitico un’incidenza nel campo sociale. Ritengo che in Francia il CPCT, in Argentina PAUSA hanno incidenze nel campo sociale. Non lo svilupperò.
Rispetto a quello che lei dice delle tendenze segregative. Dirò – ho degli appunti perché ho avuto i testi e le domande ieri e ho letto tutto stanotte. Di giorno ho ricevuto pazienti e ho letto tutto questo di notte e ho preso degli appunti per sostenere il mio discorso, le mie risposte – che il mondo va nella direzione di grandi insiemi. L’America ha accumulato gli stati per tutto il XIX secolo; la Russia, nonostante abbia perso l’estensione dell’URSS, ha un certo numero di popolazioni riunite e la Cina ha la quarta parte della popolazione mondiale. E anche qui è difficile l’unità dell’Europa. Nella misura in cui c’è un processo di unità, di omogeneizzazione, di globalizzazione, contemporaneamente c’è contrapposta una spinta a quelle che lei chiama le tendenze segregative. Credo che la segregazione non risponda all’unificazione, d’altra parte.
In Francia c’è questo fenomeno molto recente che interroga tutti, il successo di un polemista che si conosceva da anni perché compariva in televisione, aveva scritto alcuni libri dei quali uno è stato un bestseller. In pochissimi mesi – due mesi – ha avuto nei sondaggi un’ascensione che non si era mai vista. E da 15 giorni – credo – è candidato alla presidenza di Francia. E lui parla in maniera arrabbiata contro i musulmani in Francia – sono diversi milioni, 6 milioni qualcosa del genere -, parla contro di loro in maniera molto arrabbiata. Parla così. Bisogna dire che i suoi sostenitori dell’estrema destra lo traducono o lo tradurranno con il pogrom – era la cosa contro gli ebrei in Russia – dei musulmani. Questo è il desiderio di segregare dai cristiani e dagli ebrei perché, inoltre, questo tipo è ebreo e ha lasciato che tutta l’estrema destra, compresi quelli che vogliono un re, i cattolici tradizionali, gli antisemiti, siano tutti con lui ed è un chiaro desiderio di segregazione. Questo è presente in diversi paesi d’Europa, quelli che vogliono proteggere le loro frontiere contro tutti i migranti. Negli Stati Uniti, lo sapete, vogliono impedire l’ingresso dei migranti dall’America centrale. In Cina c’è il trattamento crudele verso la popolazione degli uiguri di religione islamica. C’è in tutto il pianeta questo processo.
Credo che non possiamo fare nulla contro queste tendenze. Non è la stessa cosa lottare contro un deputato francese o invece contro un fenomeno storico mondiale. L’unica cosa che possiamo dire è quella frase di un contadino svizzero che incantava Lacan: «Niente è impossibile all’uomo. Quello che non può fare lo lascia». E credo che questo si applichi a questa terribile situazione, ma bisogna prenderla con un certo umorismo, una certa ironia che aveva Lacan quando dice, per esempio, nel seminario ai giovani ribelli del ‘68: «Fate attenzione che il contestatore non si faccia cioccolato lui stesso». Riprendendo una frase, credo, di Queneau. L’ironia è ciò che ci resta, ma un’ironia non può impedire il corso della storia. L’unico settore sociale in cui la psicoanalisi può avere un’incidenza è quello di parlare alla gioventù nella misura in cui questa gioventù è ribelle. È quanto ha fatto Lacan dopo il maggio del ‘68 e ci sono diversi autori che attribuiscono a Lacan – e ad altri intellettuali – il fatto che in Francia non ci sia stato il terrorismo di sinistra che c’è stato, per esempio, in Italia. Non mi sembra che sia l’unica ragione, perché lo Stato francese è molto diverso dallo Stato italiano, ma dato che molti dei giovani ribelli, un certo numero, assistevano al seminario di Lacan, può darsi che questo abbia avuto un’incidenza.
Mi fermo qui con questa risposta.
Alejandra Glaze:
Bene, grazie mille. È interessante. Mi sembra che ci sia un film che riflette molto bene quello che lei ha commentato che è Je suis Karl. Non so se l’avete visto. Gustavo Stiglitz mi ha scritto dicendomi di commentare questo film. Anch’io l’ho visto. Descrive molto bene l’avanzata dell’estrema destra in Europa nella gioventù.
Bene, diamo per chiuso questa cosiddetta sessione virtuale. E ora andiamo avanti con la sessione che abbiamo chiamato ‘Perché Lacan hispano?’. Grazie a tutti per aver partecipato. Grazie mille.
Jacques-Alain Miller:
Quello a cui volevo accennare – non sviluppare – e che è nei miei appunti è che quello che la psicoanalisi può fare è combattere contro la segregazione clinica. Cioè, per esempio, la differenza tra nevrosi e psicosi che finisce col segregare gli psicotici. Tutta l’incidenza di Lacan in questo è di impedire la segregazione clinica fino a dire una volta una frase che ho sottolineato – ora è molto nota -: «Tutti sono folli». L’ha detto in un discorso – credo – quello all’UNESCO, in pochi luoghi. A me sembrava una frase straordinaria che ci aiuta a superare la segregazione clinica perché si può dire che il Nome-del-Padre non è l’unica funzione che può equilibrare il mondo per un soggetto. Il Nome-del-Padre, quando manca, ha supplenze ed è un passo avanti dire in più che il Nome-del-Padre in se stesso è una supplenza. È dello stesso ordine delle supplenze nelle psicosi. Lacan sta mettendo in discussione ciò che egli stesso ha elaborato, ma, allo stesso tempo, il fatto che abbia formalizzato il Nome-del-Padre permette di mettere al suo posto il Nome-del-Padre come artificio che vale solo per le sue supplenze. Non intendo svilupparlo, ma ho preso appunti più ampi su questo punto.
Ho concluso questa risposta.
Alejandra Glaze:
Molto bene. Grazie mille. Bene, come le ho detto all’inizio…
Jacques-Alain Miller:
Siamo qui da tre ore! Doveva essere per due ore.
Alejandra Glaze:
Sì. Non si preoccupi. Finché sarà riposato e in grado di farlo, sono tutti molto attenti. Qui abbiamo 800…
Jacques-Alain Miller:
È colpa di chi mi fa domande (risate)
Alejandra Glaze:
… e poi ci sono 300 persone sul gruppo chiuso su Facebook. Quindi stiamo benissimo. Sono tutti molto entusiasti.
Abbiamo chiesto perché Lacan hispano e se era possibile pensare a un Lacan ispanico, ai tre presidenti delle Scuole: Raquel Cors – presidente della Nueva Escuela Lacaniana-; Félix Rueda – presidente della Escuela Lacaniana di Psicoanalisi- e a Andrea Zelaya – da poco presidente della Escuela de Orientaciòn Lacaniana. Vorrei dire che abbiamo invitato anche Laurent Dupont – presidente della École de la Cause freudienne – che purtroppo non poteva perché è in viaggio – precisamente in Argentina.
Dunque diamo la parola a Raquel Cors.
Raquel Cors Ulloa:
Grazie Alejandra. Buona sera. Buona sera Jacques-Alain Miller, colleghi. Sono onorata di partecipare a questo evento.
Comincio col dirvi che sono entrata nelle 575 pagine di Lacan hispano saltandone alcune, vale a dire, entrando dalla discontinuità degli autori che, nella diversità del testo, fanno parte di questo libro. Un libro che come si legge dai titoli proposti nell’indice, trasmettono letture lacaniane attraverso la via dell’arte, della letteratura, dell’istituzione, della politica, della sessuazione, della pratica, del lettino, sono letture che mobilitano ciò che Lacan sapeva, ma non diceva, al punto che non fanno parte dei concetti fondamentali, come per esempio l’interpretazione analitica che si fonda sull’interpretazione dell’inconscio. Mentre leggevo alcuni di questi testi – non tutti, perché questo libro non segue la linearità del tempo, del sapere accumulato o il progresso – mi facevo una domanda: dove sta Lacan per il suo lettore? Come insegna l’analisi, queste pagine parlano di Lacan o di ogni autore?
Tutto questo o niente di questo, è ciò che di un discorso ci avvicina al punto irriducibile di un non voglio sapere nulla di questo. Qualcosa va chiarendosi nello sciame di queste pagine ad opera del soggetto vuoto che abita in ognuna di queste scritture, in ognuna di queste letture anche. È questo che mi conduce a porle una questione Miller, sulla presenza viva circa il reale della vita di Lacan e di J.-A. Miller riguardo alla passe. Vado alla pagina 176 e leggo, dal testo di Esthela Solano, qualcosa che ha risuonato in me, dice così:
«La presenza di Lacan continua oggi a vivere grazie alla fiamma ardente del suo insegnamento e del piano-Lacan, ripreso da Jacques-Alain Miller, che ha aperto nuove prospettive ponendo in atto ciò che di più vivo ha la trasmissione della psicoanalisi e che si materializza attualmente nelle sette Scuole della Passe che convergono nella logica della Scuola Una».
Un libro non è solo un libro in più, e una scelta non è una somma. Mi chiedo allora se questa pubblicazione sia una proposta di J.-A. Miller per incitare nuovamente al desiderio e conversare insieme su alcune faccende concernenti il saper-leggere ciò che non-è-da-leggere, ciò che è un non-desiderio-di-curare con una certa ispanicità. Sarà forse una domanda rinnovata a coloro che hanno scelto di leggere Lacan? Dato che essere lettori di Lacan non ci rende una casta ontologicamente standardizzata, ambizione del S1 che vorrebbe essere un porro per infilarsi nella treccia delle cipolle. Se ogni eretico dell’amore del dispari è avvertito del fatto che in ogni “sono” c’è un riferimento all’Altro, allora questa sarà l’occasione per andare al ventre fecondo del S(Ⱥ), riferimento vitale di J.-A. Miller nella recente pubblicazione intitolata Théorie de lalangue dove d’altronde scrive la lingua con una sola parola: lalingua. In effetti ogni lalingua è incomparabile ad ogni altra.
Allora: in quale lingua è scritto questo libro? Di fatto Lacan hispano non risponde alla questione del perché Lacan hispano. Forse sfiora en passant qualcosa che il matema di S(Ⱥ) fa risuonare nel singolare di ogni lettore di Lacan. Lacan hispano, come la botte delle Danaidi, non riempie, non soddisfa né tappa il buon buco da dove uscire. Quando la psicoanalisi di orientamento lacaniano – e la propria psicoanalisi – aprono le insospettate dimensioni della enunciazione, si rivela anche la scelta forzata di un desiderio che, di fronte alla fissità del godimento, sceglie di mobilitarsi. Sì, ogni volta che lo strano e intimo ci sorprende, esso orienta, incita.
La citazione scelta in copertina, che dice «Voi, a quanto pare, siete i miei lettori», alla mia lettura attuale, ha l’effetto di una interpretazione, non solo data dal condizionale ma anche per qualcosa di molto semplice e che è “a quanto pare”, siamo suoi lettori, e questo è da vedere. «La storia della psicoanalisi è nel futuro, persino quando la si vive oggi e le chiavi risiedono nel suo passato», dice Miller mettendo in atto ciò che di vitale porta Il banchetto degli analisti. Dunque stiamo a vedere se siamo suoi lettori, di Lacan.
Jacques-Alain Miller:
Grazie. Lei riprende la frase «Voi, a quanto pare, siete i miei lettori». Altri lo hanno fatto. La prenderò per discuterla. Da una parte è corretta. C’è, diciamo, una gran varietà di lettori di Lacan. In questa sede tutti o quasi tutti siamo lettori di Lacan. Coloro che non leggono Lacan si sentono in colpa – un poco. Lettori lo siamo però più o meno. Ci sono quelli che hanno letto una piccola parte degli Scritti, Altri Scritti, o dei seminari. Altri hanno letto tutto quello che si può leggere di Lacan, quello che è pubblicato, e possono riferirsi a frasi o sviluppi di Lacan citandoli a memoria. Grande varietà quindi, di lettori.
D’altra parte, la frase non è corretta oggi. Dobbiamo ricordare le circostanze di questo enunciato di Lacan. Nel 1980, quando si svolse quello che fu poi chiamato il Primo Incontro del Campo Freudiano, tutti o quasi tutti i presenti – tranne i francesi – non avevano con Lacan altro rapporto che quello di lettura. Nessuno di loro si era analizzato con Lacan anche se si consideravano lacaniani e appassionati dei testi di Lacan, seguaci della passione di Oscar Masotta. Ed è per questo che erano andati a Caracas, che sembrava agli argentini una destinazione totalmente nuova e strana. Nel contesto degli anni ’80, la frase è del tutto corretta, ma nel 2021 la situazione è molto diversa. Molti hanno relazioni con Lacan attraverso il loro analista. Essi stessi, discepoli francesi di Lacan, e che hanno una relazione con Lacan diversa da quella di lettori. E inoltre, non sono solo lettori ma anche scrittori. La frase non è un errore di Lacan. Anche se le circostanze sono diverse, ora possiamo dire che questa frase dice solo una parte del rapporto con Lacan. Ma dal 1980 ci sono altre relazioni che sono state costruite.
Poi c’è un’altra questione che lei solleva, una questione linguistica. Lei dice che parlare lalingua è incomparabile a qualsiasi altra lingua. Sono d’accordo. Questa è una notazione preziosa. Poi lei ha aggiunto: «allora in che lingua è scritto questo libro?». Non capisco questo “allora”. Quello che dice de lalingua incomparabile, non impedisce di dire ciò che è ovvio, che il libro è scritto in spagnolo. Inoltre, bisogna pensare che il carattere incomparabile di ogni lalingua non impedisce che esista la traduzione di una lalingua in un’altra lalingua, nonostante il suo carattere incomparabile. In altre parole, la tesi fondamentale è che sono incomparabili, ma bisogna notare che la traduzione è possibile. È vero che nessuna traduzione è perfetta e che ogni lingua porta con sé un mondo proprio – si potrebbe dire – i propri significati, per cui non esistono traduzioni perfette. Ma in quale luogo soggettivo esiste la perfezione?
Ricordo un testo che scrissi sulla passe perfetta per dire che è un orizzonte, ma che non esiste in senso lacaniano, che non è in senso lacaniano, però si può dire che ex-siste in «senso lacaniano, cioè che il suo luogo è esterno a una dimensione pur essendo legato a questa dimensione. Forse – ci ho pensato a tutta velocità – si potrebbe dire che ogni traduzione è extima al testo originale.
Terza domanda. Lacan hispano non risponde alla domanda del perché Lacan hispano. È vero che non risponde. Risponde, Lacan hispano, a un mio desiderio che è stato diffuso, seguito dal desiderio di Alejandra, delle équipe di redazione e degli autori. Ciò non è stato detto perché è evidente nella realtà stessa del libro. Questo libro è il figlio di molti desideri. Risponde anche al desiderio di non avere oggi quello che avevamo prima. Prima, fino ad ora, avevamo studi su Lacan e con questo libro abbiamo la possibilità di fare con Lacan – non su Lacan, ma con Lacan -. E penso che questo sia un fatto molto importante.
Infine, mi accingo a leggere uno sviluppo di Raquel Cors che mi pare dica le cose in modo corretto e acuto. Raquel Cors dice:
«Lacan hispano, come la botte delle Danaidi, non riempie, non soddisfa e non tappa il buco buono da cui uscire. Quando la psicoanalisi di orientamento lacaniano e la propria psicoanalisi aprono le dimensioni insospettate dell’enunciazione, si svela anche la scelta forzata di un desiderio che, di fronte alla fissità del godimento, sceglie di mobilitarsi. Sì, ogni volta che lo strano e l’intimo ci sorprende, ci orienta, ci tenta».
Mi sembra uno sviluppo corretto e molto ben detto. Grazie.
Alejandra Glaze:
Grazie mille. Bene, allora Felix Rueda, presidente dell’ELP, le diamo la parola.
Félix Rueda:
Buona sera. Grazie molte ad Alejandra Glaze e a Jacques-Alain Miller. Leggerò il testo che ho scritto.
Che appoggio prendere per presentare questo magnifico libro? Potrei forse attingere al desiderio che l’ha generato, quello di Jacques-Alain Miller insieme ad Alejandra Glaze, per i quali, come ci ricorda Christiane Alberti nella presentazione di un altro impressionante libro con cui quest’ultimo fa serie – Lacan Redivivus – si tratta – cito – «Di celebrare, non di commemorare l’uomo Lacan, a 40 anni dalla sua morte». La fotografia di Lacan a Caracas in copertina e sotto di essa la sua affermazione «Voi, a quanto pare, siete i miei lettori» trovano lungo tutto il libro il loro sviluppo, la loro conferma e anche il loro invito al nuovo lettore del libro ad esercitarsi come tale. Si tratta dunque di celebrare l’uomo Lacan facendo risuonare nei suoi lettori la parola vibrante, ardente e sovversiva di Jacques Marie Émile Lacan. In Lacan hispano troverete non solo le risonanze della sua parola o dei suoi scritti, ma anche della sua arte inimitabile nel maneggiamento del sembiante quando opera come analista, come ce lo riporta Esthela Solano Suárez. Si troveranno risposte a domande difficili, se non impossibili: cosa direbbe Lacan, cosa penserebbe dell’EOL, dell’ELP, a cui Oscar Zack e Andrés Borderías cercano di rispondere.
Scoprirete i precedenti lettori con i quali si è forgiato l’incontro capitale di Lacan a Caracas nel 1980; un incontro che ci riporta a un altro libro che si mette in serie con Lacan hispano: Ai confini del seminario. Questi antecedenti che, come ricorda Estela Paskvan, sono legati a Oscar Masotta – lettore di Lacan – che incontra e trasmette in spagnolo l’insegnamento di Lacan a partire dal 1959; un incontro a Caracas che ha portato a quello tra Flory Kruger e Judith Miller, i cui occhi chiari vengono ricordati da Kruger e Carmen Cuñat, dato che questo libro celebra anche l’esistenza di Judith Miller. Consiglio di leggere la definizione di “delicatezza” che Judith Miller ha preso da Roland Barthes e che María Cristina Giraldo definisce come propria di Judith.
Certamente ogni lettore potrà fare il proprio percorso, ma sicuramente ciò che questo libro celebra, come altre pubblicazioni apparse in francese, è l’uomo Lacan, il desiderio di Lacan e tutto ciò – come ha detto lei, Jacques-Alain Miller – mira a iscrivere per sempre l’insegnamento di Lacan nel discorso universale. Riguardo a questo discorso universale, avrei qualcosa da chiederle: nella sezione del libro dedicata al rapporto tra psicoanalisi e politica, due colleghi menzionano il diritto all’interpretazione. Manuel Fernández Blanco afferma: «La scoperta freudiana dell’inconscio stabilisce un nuovo diritto nella civiltà. È il diritto individuale e sociale all’interpretazione». E Naparstek afferma: «Si possono annodare sintomo, politica e diritto nel loro legame con la singolarità che suppone il diritto all’interpretazione in ogni soggetto che decide di prendere la parola di fronte a un’epoca che pretende di sostenere i presunti diritti per eliminare il disagio totale nell’identificazione alla letteralità di una parola». Questa frase si riferisce al suo intervento a Mosca dove lei ha situato l’ascolto con e senza interpretazione, dove lei affermava che l’ascolto è universalmente apprezzato, ma che senza l’interpretazione, «porta insensibilmente all’idea che ciò che il soggetto dice sia vero […] Questa ideologia ha un impatto nella psicoanalisi per l’importanza data all’ascolto e al tempo stesso vuole eliminare ogni possibilità di interpretazione»[5].
Questi due colleghi rivendicano il diritto all’interpretazione. Mi chiedo, e le chiedo, allora, l’epoca dei diritti potrà essere utilizzata dalle Scuole nella loro difesa della psicoanalisi? Useremo allora il paradigma dell’epoca che lei ha proposto come quello della “ingiustizia distributiva” a favore della psicoanalisi?
Grazie.
Jacques-Alain Miller:
Si tratta della questione innovativa del diritto all’interpretazione. È menzionato nel testo di Manuel Fernández Blanco e nel contributo di Naparstek. Capisco – dal suo testo – che sono io responsabile di questo enunciato che è nato dal mio intervento ai russi con il titolo “La Scuola con e senza interpretazione”. Da questa espressione lei formula la sua domanda: «L’epoca dei diritti deve essere usata dalle Scuole nella loro difesa della psicoanalisi?». È una domanda.
Per rispondere farò riferimento alla questione trans così come è posta attualmente, in questi giorni, questa settimana, in una legge elaborata dal Senato della Repubblica francese in attesa che l’Assemblea Nazionale, che prenderà la decisione finale, dia il suo parere. Per il momento, il testo di legge è al Senato. È una legge che proibisce le terapie di conversione, ma allo stesso tempo pretende di proibire, come un reato, ogni messa in discussione dell’autodichiarazione di un essere umano che dichiara il suo genere, indipendentemente dalla biologia. In altre parole, mettere in discussione il fatto che una persona si dichiari di un certo genere – come si dice oggi – mentre biologicamente è di un altro genere, sarebbe un crimine in Francia. Questo è chiaramente il risultato di un’intensa attività di lobbying da parte dei capi trans. Per impedire e criminalizzare qualsiasi riserva di fronte a tale dichiarazione di genere pronunciata da qualsiasi soggetto, anche quando si tratta di un bambino di 3 anni. Negli Stati Uniti, mi dicono, ci sono cliniche per i bambini di 3 anni che dicono di non avere il corpo biologico a cui sentono di aspirare. Come dice Lacan, “Siamo tutti folli”, ma soprattutto le autorità francesi che sostengono questa cosiddetta legge. Impedirebbe l’interpretazione di ogni psicoanalista quando si tratta del desiderio o della domanda di transessualismo. È un pericolo immenso per la nostra pratica e per i pazienti trans che a volte sono molto titubanti rispetto alla trasformazione e che spesso vogliono annullare le trasformazioni, quelle stesse che hanno desiderato. È una legge assurda e folle che minaccia la libertà di espressione e la pratica analitica dell’interpretazione. È al Senato – credo – da una settimana o due.
L’École de la Cause freudienne ha deciso di opporsi a tale incongruenza e ha lanciato un contro-lobbying guidato dal suo presidente e vicepresidente. Io non ho avuto niente a che fare con questo. E sono riusciti a far votare al Senato due emendamenti a quella legge, due emendamenti di cui ho ricevuto oggi il testo completo e che avevo sul mio cellulare finché Ève non è riuscita a stamparlo. Ho il testo e lo leggerò. Non il testo stesso della legge. Questi emendamenti non concludono il processo perché poi avremo la lettura da parte dell’Assemblea Nazionale che decide in ultima istanza. Ma il fatto che siamo riusciti ad ottenere il voto dei due emendamenti è già un risultato notevole della nostra incidenza nella politica in risposta alla vera aggressione che la psicoanalisi ha incontrato dal momento che l’interpretazione transessuale sarebbe considerata da questa legge come un reato vero e proprio e con pene previste. Questo è un risultato incoraggiante.
Leggerò e tradurrò i due emendamenti. È redatto nello stile ufficiale e io sto improvvisando la traduzione.
«Il reato previsto non è costituito quando le ripetute affermazioni siano solo un invito alla prudenza e alla riflessione, soprattutto in considerazione della sua giovane età. La persona che si interroga sulla sua identità di genere e che considera la possibilità di una procedura medica con l’obiettivo di cambiare sesso».
Quindi, si tratta, con prudenza e riflessione, di aiutare una persona che sta interrogando il suo sesso. Questo cambia completamente l’aspetto più pericoloso della legge.
Secondo emendamento:
«Non comporta reato quando l’operatore sanitario invita soltanto alla riflessione e alla prudenza considerando in particolare la sua giovane età. La persona che si interroga sulla sua identità di genere e che considera possibile un percorso medico per cambiare sesso».[6]
È quindi un grande successo averlo ottenuto dal Senato della Repubblica, che sebbene abbia votato contro questi emendamenti in una prima votazione, in una seconda lettura li ha approvati. Vedremo come si svolgeranno le cose all’Assemblea Nazionale. Il presidente e il vicepresidente sono molto attenti a seguire questi dibattiti.
Come potete notare, non è stato usato il concetto di diritto all’interpretazione che i politici non accetterebbero. Abbiamo dichiarato l’interesse clinico per il paziente di essere interpretato, ma non abbiamo formulato gli emendamenti in termini di interpretazione che sarebbe qualcosa di opaco per i politici, per porla invece in termini di prudenza e riflessione. L’idea del fatto che abbiamo il diritto di interpretare si applica per noi nella psicoanalisi nel campo politico.
Ecco. Non so cosa pensi Felix Rueda della mia risposta. Non so se gli piaccia ancora l’espressione “diritto all’interpretazione” o se ritenga che non sia un termine operativo nel campo politico.
Félix Rueda:
Leggendo il libro mi ha colpito la comparsa di questa idea. Penso che lei faccia un trattamento ironico in Docile al trans quando dice che anche lei è stato acciuffato dal lupo bianco e si colloca come vittima e, da lì, fa un trattamento ironico di questa posizione di vittima. Voglio dire che, forse – in ogni caso – possiamo fare un uso ironico dell’idea di diritto che si associa a quella di vittima – chiaramente. Cosa possiamo dire di questo senso? Mi sembra che sì, che forse convenga, anche se – se capisco bene la risposta – ciò che occorre è una questione di prudenza e di riflessione di fronte al discorso del padrone.
Jacques-Alain Miller:
Inoltre, quando si parla di diritto all’interpretazione, non accettiamo che sia un diritto per tutti. Consideriamo che il diritto all’interpretazione è riservato a noi analisti. [risate] Può essere molto difficile da accettare questa segregazione per i politici.
Alejandra Glaze:
Grazie tante, Felix, e grazie mille, Jacques-Alain. Bene, Andrea Zelaya, hai l’audio. Quando vuoi…
Andrea Zelaya:
Salve, buona sera. Buona sera, Miller. Grazie, Alejandra.
Bene, una domanda che ci ha fatto Alejandra. Ne ho presa una. Dove troviamo Lacan che orienta questi testi? E mi sono trovata con la possibilità di reperire una trasmissione viva di un’analisi.
Per me è stata una sorpresa l’incontro a Parigi con il libro di Esthela Solano Suárez, Tre secondi con Lacan, il quale mi ha portato anche al testo di Esthela in Lacan hispano il cui titolo è “Fate come me. Non imitatemi”[7]. In entrambi i luoghi, Esthela rende attuale la formula lacaniana «saper leggere in un altro modo». Questo operatore è presente anche nel testo di Graciela Brodsky :”A batallas de amor, campo de pluma”[8].
Esthela sottolinea ciò che Lacan diceva ai suoi allievi: «Fate come me, non imitatemi». Lì ci trasmette che isolare il sinthomo, ciò che è più singolare dell’essere parlante, è precisamente dell’ordine dell’inimitabile. Si concentra su ciò che chiama “l’operazione Lacan”, la politica del buco, usando il corpo come strumento della sua pratica e in atto, «essendo il suo tratto» – dice – «sempre un altro non comune, sorprendendo e che pratica il taglio e senza intenzione di significazione». Il marchio su di lei è imparare a leggere, il cui effetto ha toccato il corpo in un senso nuovo. La lezione che ha ricevuto da Lacan, Lacan analista, è che «si fa un’analisi non per essere analista, ma per trattare un sintomo. L’operazione Lacan che trasmette è quella di smontare il discorso del padrone per dare prova di un discorso deciso per il discorso analitico».
Poi incontriamo Judith Miller – percorrendo il libro – e il suo legame con diversi analisti che ci riportano la sua dedizione alla diffusione dell’insegnamento e della parola di Jacques Lacan, come ci racconta Beatriz Udenio: «Judith ha fatto dell’insegnamento e della parola di Jacques Lacan un motivo di vita ed epoca. Ha messo in discussione l’operato degli psicoanalisti che ha definito come di un nuovo tipo». Beatriz racconta che ci invitava a non retrocedere di fronte al contesto intellettuale e politico in cui si viveva e a innovare su quei margini. Sollecitava gli altri anche negli incroci interdisciplinari.
In un’altra bella rappresentazione, Flory Kruger afferma che lei esisteva sia nell’interrogare l’impatto della psicoanalisi sulla cultura, ma anche su come impatta – la sua era una questione di ricerca – la cultura nella psicoanalisi. In questa linea, in relazione all’attualità di Lacan e in relazione al 2 maggio[9] a Madrid, cioè tre giorni prima dello scambio di mail con Alejandra per creare questo libro, Miller ha commentato che nel momento attuale avremo un’altra alleanza con le parole di Lacan, grazie alle carte di Lacan. E possiamo percepire le sue profezie: «Lacan continuerà ad essere letto come un pensatore di oggi e innovativo». Si tratta, dice lì, «di ringiovanire i concetti, la sua parola». E ha sottolineato: «Sento il richiamo del nuovo». Oggi è sicuramente l’occasione con Lacan hispano di fondare anche un altro modo di leggere e interrogare Lacan. Farò due domande. Ho accorciato un po’ il testo per andare direttamente alle domande.
Il discorso analitico, quindi, ha l’opportunità di incidere sull’attualità, sia in politica sia nel sociale ottenendo un’altra alleanza con le parole di Lacan. Lacan hispano può essere letto in modo diverso in questo contesto? E in questo senso, come possiamo pensare l’incidenza nell’attualità dei concetti, nella pratica della psicoanalisi e nella politica delle fine analisi?
Una domanda ancora: in che modo questo libro, con i contributi di analisti formati a partire dalla lettura di Lacan, trasmette la pregnanza nella pratica analitica al modo dell’operazione Lacan? Come trasmette Esthela Solano in uno dei testi del libro.
Grazie mille.
Alejandra Glaze:
Grazie, Andrea.
Jacques-Alain Miller:
Bene. Siamo insieme da quasi 4 ore.
Sono d’accordo con quello che scrive quando introduce Lacan hispano come l’opportunità di «un altro modo di leggere e interrogare Lacan». Questo si è già visto in alcune delle mie risposte. Quindi lo vedo anche come un passaggio, un passaggio del Campo freudiano da un “su Lacan” a un “con Lacan”.
Andrea Zelaya si chiede se questo libro trasmette anche la presenza nella pratica analitica del modo dell’operazione-Lacan. Domanda eccellente. Non c’è nulla in questo libro sulla pratica clinica e, soprattutto, sulla pratica analitica di Lacan. Ci sono numerosi testi sulla clinica di Lacan in alcune parti del libro. Devo dire che sulla pratica del tardissimo Lacan, c’è un testo che non figura in Lacan hispano, l’incredibile, sorprendente testo che costituisce il primo capitolo del libro di Esthela Solano Tres segundos con Lacan (Tre secondi con Lacan). Ci sono anche in Lacan Redivivus, i contributi di Lilia Mahjoub e Éric Laurent sulla pratica precedente a quella dell’ultimissimo Lacan. La pratica dell’ultimo Lacan con sedute di tre secondi è un passaggio straordinario al limite della pratica analitica e non è consigliabile a nessuno nel Campo freudiano. Devo dire che solo Lacan, con la sua esperienza e il suo prestigio, poteva lavorare in questo modo. E, naturalmente, sarà incomprensibile per coloro che sono fuori dal Campo freudiano e, forse, a volte, nel Campo freudiano stesso. Bisogna guardare il contesto. Sono gli ultimi anni di pratica di Lacan che, dopo Freud, è il più importante psicoanalista al mondo e che fa un passaggio al limite dell’interpretazione che può essere concentrato in pochissime parole. La gente criticava Lacan perché pensava che fossero sedute brevi. Qui erano sedute ultra-brevi, sedute di tre secondi. Bisogna dire che Esthela ha completato questa analisi con Lacan – dopo la morte di Lacan – con un’altra analisi con sedute che non duravano tre secondi.
Lei chiede come pensare l’incidenza dell’attualità nella politica sulle conclusioni dell’analisi. Riduco un poco la sua domanda che menziona altre questioni. Questa domanda è della massima importanza nell’ECF, nell’École de la Cause freudienne da due settimane. C’è stato un comunicato del Consiglio che riprende la decisione del Direttorio di sospendere dal 31 dicembre tutte le attività riguardanti la passe e di convocare un collegio della passe per esaminare la passe attuale – è solo il terzo collegio – nell’École de la Cause freudienne. C’è stato il primo collegio negli anni ‘80, più o meno nel periodo in cui si stava avviando la passe. C’è stato il secondo collegio negli anni ‘90 e questo è il terzo, che normalmente sarà convocato per il prossimo gennaio. Il processo è iniziato con le ultime Giornate dell’École de la Cause freudienne, dove sono state notate diverse disfunzioni. In primo luogo, la profusione di nomine di AE. Credo che ci siano state 10 nomine su 18 passanti, per la commissione che riunisce i due cartelli. Non sono sicuro delle cifre. Stiamo cercando di esserne sicuri. E alcune presentazioni sono sembrate a molti colleghi poco consistenti e ciò ha prodotto nei membri un profondo disagio. Le prime testimonianze che ho raccolto nelle mie conversazioni uno a uno mostrano che i membri della commissione – la commissione che decide sulle nomine – ora riconoscono il disfunzionamento di quella commissione. Bisogna dire che la pandemia, il confinamento che ha avuto luogo in Francia, ha reso difficili le riunioni del Consiglio. E cercheremo insieme ai membri del Collegio – che riunisce i membri delle ultime tre commissioni più 6 o 7 invitati – la ragione degli errori che sono stati fatti. Non è una questione di persone. È una questione istituzionale. E vedremo anche come riformare la procedura. Negli anni ‘90, il Collegio si è riunito una volta, ogni volta per 6 o 7 sedute. Vedremo come questo nuovo collegio deciderà di riunirsi. Inoltre, è stato deciso con il direttorio di creare un blog – si chiama così? – della passe che diffonda via Internet a tutti i membri della Scuola, ma non all’esterno, i contributi dei membri con grande apertura, in modo che ognuno possa spiegare il suo punto di vista nel Collegio – che non avrà più di 31 persone – e sarà possibile studiare questi testi e trovare nuove idee. Credo che questo sia ormai ben noto nell’AMP. Credo che Christiane Alberti ne abbia parlato nel suo intervento su Zoom durante le Giornate argentine. Angelina e io stesso pensiamo che, prima di convocare i collegi nelle altre Scuole – se sembra necessario alle autorità – dovremmo aspettare la conclusione dei lavori dell’École de la Cause freudienne, che possono essere utili per la continuazione e per poter leggere quello che sta succedendo. Se tutte le Scuole iniziano a parlare del collegio della passe, sarà il caos. Ma quello che ci sembra possibile – ad Angelina e a me – è la creazione del blog della passe che ci permetterebbe di preparare il futuro del collegio se le autorità della Scuola lo ritengono utile nel contesto specifico della Scuola.
Se avete altre domande, sono pronto a rispondere anche se sono già 4 ore di discussione. Non so, Andrea Zelaya, se vuole?
Andrea Zelaya:
Va bene. Grazie mille.
Alejandra Glaze:
Molte grazie, Andrea. Grazie mille, Raquel. E grazie mille, Jacques-Alain Miller. È stato molto interessante.
Verso la fine, come ultima presentazione e chiusura perfetta, in un certo senso, dei contributi dei colleghi che ci hanno accompagnato…
Jacques-Alain Miller:
Si sa quanti stanno ascoltando questa conversazione?
Alejandra Glaze:
C’erano circa 1.500 persone tra Zoom e un gruppo chiuso su Facebook. Sono scesi un po’, ma c’è ancora un gran numero, un numero importante.
Jacques-Alain Miller:
Questo all’inizio. E ora, dopo quasi 4 ore, quanti sono?
Alejandra Glaze:
Con le persone di Zoom e Facebook ci sono circa 800 persone. Ma è molto buono. C’è stato molto interesse.
Quindi, stavo dicendo che come chiusura e corollario a tutto questo, Ève Miller-Rose ha accettato di dirci qualche parola. È membro dell’ECF, segretario della Fondazione del Campo freudiano e responsabile della casa editrice Navarin. Siamo molto grati per la sua presenza accanto a suo padre, Jacques-Alain Miller.
Silvia Baudini si è gentilmente offerta di tradurre le sue parole. Quindi a questo punto contiamo su entrambe.
Ève Miller-Rose:
Salve, buon pomeriggio. Rivolgo qualche parola a Jacques-Alain Miller in francese e ringrazio Silvia Baudini per la traduzione.
Per celebrare il quarantesimo anniversario della morte di Jacques Lacan, hai scelto di dare impulso alle pubblicazioni nell’AMP in diverse lingue: francese, spagnolo, portoghese, italiano e quella ancora a venire in inglese. Due opere si distinguono: Lacan Redivivus e Lacan hispano. Lacan Redivivus, in cui si dice, in cui si legge ciò che è vivificante nell’incontro con Lacan, con il suo stile. E Lacan hispano, dove si interpreta il mondo con Lacan, ogni autore estrae dal suo insegnamento nuove prospettive e il proprio stile. Hai dato a ciascuna di queste due pubblicazioni un’architettura articolando i contributi richiesti uno per uno. Sono pagine di Scuola, ma senza farne un tutto, piuttosto raccolte qui alla maniera di pezzi sparsi raccolti nelle Scuole dell’AMP dove soffia l’orientamento lacaniano. Queste pagine e queste arie rendono bene l’idea – credo – che con Lacan il Campo freudiano rimane aperto a chi si avvia verso di esso, animato da un autentico desiderio di sapere. Come hai sottolineato dal 2001, la continuità e l’estensione dei lavori pubblicati nelle vaste reti dell’AMP sono parte di ciò che sostiene il lavoro della Scuola per la psicoanalisi. Con l’affectio societatis di coloro che testimoniano queste opere e questa sera, l’invito che ci fai mi sembra quello di un transfert di lavoro che definisci soprattutto quando l’Altro manca, quando si produce un transfert sul lavoro.
Jacques-Alain Miller:
Ho parlato del transfert di lavoro per cominciare e tu ne parli per concludere.
Ève Miller-Rose:
Si stanno già aprendo numerosi vettori di lavoro. Qui ne citerò due. Si tratta qui per noi, a partire dal tema della sessuazione, tema al centro del volume Lacan hispano, di raccogliere la sfida che il discorso woke e il suo delirio di non-interpretazione lanciano alla psicoanalisi. E oggi continuare con Lacan significa rimettere al lavoro la passe, quello che fonda la nostra Scuola, quello che ognuno sa aspettarsi dal proprio lavoro, le luci di cui sente di aver bisogno. Vuoi dare questa sera un nuovo impulso per aprire la strada? Qualche passo in più perché abbiamo già trattato questi due temi nel corso della serata.
Jacques-Alain Miller:
Sì, un nuovo impulso nel Campo freudiano. Credo che i due volumi che hai menzionato siano un impulso. Con me capisce lo spagnolo perché è molto francese. E la conversazione che abbiamo avuto, le domande di questa conversazione, costituiscono anche questo impulso. Quindi è a te – c’est à toi (rivolgendosi a Ève Miller-Rose) – che cercherò di dare un nuovo impulso – c’est à toi que j’essayerai de donner une impulsion nouvelle – un impulso a imparare lo spagnolo.
Ève Miller-Rose:
[Risate] D’accordo. Lo spagnolo è un po’ la mia lingua. Quindi, sono già un po’ sulla strada.
Jacques-Alain Miller:
Possiamo finire.
Alejandra Glaze:
Grazie mille. Avrei bisogno di questo impulso per studiare il francese che è abbastanza difficile anche per me.
Beh, cosa posso dire? Abbiamo trascorso quattro ore meravigliose e sorprendenti. Spero che avrete un po’ di pazienza per i ringraziamenti che sono sempre necessari.
Comincerò dicendo che questo libro è stato una pietra miliare per me, che Grama Ediciones è il mio modo di stare con gli altri, mettendomi al servizio della causa della psicoanalisi e che mi rappresenta sempre. Così questo libro è una concrezione di questo lavoro che considero una parte importante della mia vita accanto alla psicoanalisi e che continuerà.
Infine, vorrei ringraziare Angelina Harari e Ève Miller-Rose per essere presenti qui e condividere le loro impressioni su Lacan hispano nel concerto dell’AMP; coloro che hanno dato le loro risonanze e i presidenti delle Scuole che hanno gentilmente accettato questo invito con le nostre domande; le Scuole che hanno sostenuto questa presentazione fin dall’inizio; tutti i presenti sia in questo Zoom che nel gruppo chiuso di Facebook che abbiamo creato per l’occasione e che hanno raggiunto più di 1.500 persone. Attualmente ci sono circa 800 persone che ci ascoltano. Vorrei anche ringraziare tutti coloro che hanno fatto parte delle équipes di lavoro e di redazione di Lacan hispano per ogni Scuola, guidate da Vivi Mozzi dell’EOL, con cui è sempre un piacere per me lavorare e con cui ci sono sempre nuove opportunità di farlo di nuovo; Marta Serra della ELP, che è la parola giusta al momento giusto, un vero incontro per me lavorare con lei; Ana Viganó della NEL, sempre allegra e disponibile con uno stile molto contagioso e Victoria Paz, la nostra voce a Parigi e con una visione precisa sull’interrelazione tra gli ispanici e i francesi. Sono stati tutti dei veri pilastri nella realizzazione di questo libro e nell’organizzazione di questo evento, e senza di loro il libro non sarebbe stato possibile – voglio dirlo. Non posso nominare tutti coloro che hanno partecipato ai comitati di redazione e di traduzione. Sono molti, ma il loro lavoro è stato inestimabile. Vorrei anche ringraziare Miquel Bassols e Graciela Brodsky che hanno collaborato con alcuni suggerimenti per l’indice, ma soprattutto Graciela che ha saputo cogliere l’importanza di questo volume e ciò che implicava questa edizione in Argentina, e che mi ha accompagnato molto da vicino ogni volta che era necessario.
Infine, devo dire che la struttura molto precisa e l’aspetto di questo lavoro è stato diretto da Jacques-Alain Miller in persona, al quale vorrei esprimere ancora una volta la mia gratitudine per la sua fiducia nel mio lavoro per la produzione di questo volume, che è stata una vera avventura, rafforzata dai legami che l’AMP promuove da quasi 30 anni.
E oggi, inoltre, abbiamo avuto il privilegio di avere le sue parole, la sua generosità nel modo in cui ha parlato del nostro lavoro, che rimarrà risonante in noi e che darà un lussuoso corollario a questa responsabilità che l’edizione di Lacan hispano implicava. Sicuramente tutto ciò su cui abbiamo lavorato qui diventerà parte dell’insegnamento che Jacques-Alain Miller ha impartito per tanti anni, una trasmissione che ci orienta giorno per giorno nella nostra clinica e nella politica della psicoanalisi di fronte al disagio attuale della civiltà. Un evento per la psicoanalisi di lingua spagnola, ma anche, credo, per l’AMP.
Non so se Jacques-Alain vuole dire qualcosa, o se Angelina Harari vuole chiudere. Abbiamo un evento felice. La gente è molto entusiasta e molto felice di questo grande evento. Quindi rafforzo i miei ringraziamenti a tutti voi.
Angelina Harari:
Non posso perdere l’occasione di questo grande evento per convocare il prossimo, la Grande Conversazione Virtuale Internazionale dell’AMP a cui vi aspettiamo numerosi e vi preghiamo di iscrivervi. Credo che questo evento possa incoraggiare tutti dal momento che abbiamo Jacques-Alain Miller in questo momento molto vicino – così laborioso in 4 ore e più senza alzarsi. Quindi, venite tutti a questo prossimo evento dell’AMP.
Alejandra Glaze:
Jacques-Alain, vuole dire qualcosa o chiudiamo? Mi alzo e lascio i microfoni aperti in modo che possiate salutare. Tutti possono riattivare il loro audio.
[applausi]
Jacques-Alain Miller:
Bisogna dire che la psicoanalisi continua nel luogo della famiglia. È qualcosa da mettere in discussione soprattutto per coloro che hanno un transfert negativo.
Alejandra Glaze:
Grazie mille per tutto.
Traduzione: Adele Succetti, Isabel Capelli, Laura Pacati, Laura Rizzo.
Revisione: Adele Succetti, Giuliana Zani
[1] J. Lacan et al., Ornicar ? Lacan Redivivus, Paris, Editions Navarin, 2021.
[2] Il neologismo di Lacan poubellications, fa una condensazione tra poubelle (cestino dell’immondizia) e publications (pubblicazioni).
[3] J. Lacan, Proposta del 9 ottobre 1967 sullo psicoanalista della Scuola, in Altri scritti, Torino, Einaudi, 2013.
[4] J. Lacan, Discorso all’École Freudienne de Paris, in Altri scritti, Torino, Einaudi, 2013.
[5] J.-A. Miller, Presentazione del n°9 della Rivista di Psicoanalisi in Russia, 15 maggio 2021, in “Rete Lacan”, n°34, 26 giugno 2021, https://www.slp-cf.it/rete-lacan-n34-26-giugno-2021/
[6] J.-A. Miller legge parte dell’emendamento.
[7] E. Solano, Hagan como yo, no me imiten, in Lacan hispano, Buenos Aires, Grama Ediciones, 2021, pp.171-176.
8] G. Brodsky, A batallas de amor, campo de pluma, in Lacan hispano, Buenos Aires, Grama Ediciones, 2021, pp.41-48.
9] J.-A. Miller. Presentación del libro Polémica política. Disponibile on line qui: https://www.youtube.com/watch?v=O-wi1rmWmGo