Sergio Caretto, Membro AME della SLP e dell’AMP, Torino

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Testo presentato alla conferenza organizzata dalla Segreteria di Torino della SLPcf il 16 dicembre 2022 dal titolo: Il valore dell’autostima. Che cosa ne dicono degli psicoanalisti?

Digito AUTOSTIMA su google e trovo 8 milioni 560 mila risultati! Ho così conferma del fatto che Autostima è, per dirla con Lacan, un significante padrone del discorso contemporaneo. Lo sospettavo! Mi incuriosisco e dedico due ore della mia vita a navigare in questo universo dell’autostima aprendo alcuni video che, in una quindicina di minuti, propongono tecniche per aumentarla, alcune delle quali anche divertenti che mi ricordano dei giochi da bambini del tipo “Individua i tuoi pregi e difetti e stabilisci cosa vorresti essere, cosa vorresti diventare”. Dimentico per un istante la mia formazione psicoanalitica e penso che se avessi avuto a disposizione tali tecniche da piccino, forse sarei stato meno inibito e timido e decisamente più sicuro di me nell’affrontare la difficile competizione della vita.

Effetti immediati della mia digitazione. Aumento dell’autostima che ora è a 8 milioni 560 mila e 1 risultati. D’altronde l’autostima, da quel che leggo, va aumentata e non diminuita… non ho trovato un corso che si proponesse quale obiettivo di diminuirla, cosa che potrebbe forse essere utile in casi di megalomania. ABBI AUTOSTIMA! è pertanto un imperativo del discorso contemporaneo, discorso che parrebbe bandire la nevrosi caratterizzata piuttosto, parafrasando Freud, da inibizione, sintomo e angoscia; manifestazioni della divisione del soggetto.

Effetti algoritmici a breve termine della mia digitazione. A distanza di due giorni, con mia sorpresa, ricevo una serie di pubblicità dove tutti sembrano improvvisamente interessati alla mia auto: mi si chiede l’anno di immatricolazione, lo stato della carrozzeria, il numero di km. al fine di attribuirne e stimarne il valore. Eppure non pensavo minimamente cambiare auto! Insight! Ecco tradotto, in linguaggio macchina, il significante “autostima” in: auto e stima. In altre parole si tratta qui della stima di un oggetto, la mia auto, per reimmetterla sul mercato.

1954-1955 Lacan tiene il suo secondo Seminario dal titolo L’Io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi e, in una delle prime sedute, dice ai colleghi analisti che lo seguono di “[…] stare attenti che in queste sedute aperte non siete affatto in rappresentanza benchè abbiamo degli invitati stranieri, simpatizzanti e altri. Non dovete cercare di dire cose eleganti destinate a mettervi in mostra e ad aumentare la stima che già si può avere di voi. Siete qui per aprirvi a cose che non sono state ancora viste da voi, e che in linea di massima sono inaspettate […] il solo rimprovero che vi farei, se me lo permettete, è che volete apparire tutti troppo intelligenti. Tutti sanno che lo siete. Allora perché volerlo apparire? E, in ogni caso, esserlo o sembrarlo, che importanza ha?”1. Lacan, coi suoi allievi, non teneva di certo la posizione di “motivatore” che ne alimenta la stima. Al contrario, egli indica che dove l’attenzione è volta a ricercare un rispecchiamento immaginario, nel simile, della propria intelligenza, bellezza, perfezione, piuttosto che della propria ignoranza, bruttezza o imperfezione, più di fatto ci si allontana dalla soggettività, qui considerata come “quell’aprirsi a cose che non sono state ancora viste da voi”. Nell’esperienza analitica, l’inatteso, quel che ci sorprende e ci cambia, lungi dal trovarsi nell’immagine narcisistica – che tende piuttosto ad abolire il soggetto appiattendolo in un’immagine inerte devitalizzata di desiderio -, va ricercata negli effetti del dire, nel sorgere dell’inconscio in quanto ça parle. Come apprendiamo dalla missiva di Freud all’amico Fliess, è altrove dall’immagine narcisistica che, eventualmente, l’analista potrà “stimare” qualcosa che lo concerne: “Da quando mi sono messo a studiare l’inconscio ho cominciato a trovarmi interessante”2.

Già Freud, con la nozione di narcisismo, aveva messo in luce come il soggetto possa prendere il proprio Io come oggetto, facendo refluire su di esso la libido sottratta al campo dell’Altro. Più il soggetto alimenta la stima di sé nell’immagine narcisistica e più questi si ritrova, di fatto, alienato all’altro dal cui rispecchiamento, per struttura, dipende. In questo senso l’Io è un po’ come una rana che può gonfiarsi o sgonfiarsi in quanto si nutre di questa dimensione immaginaria che pensa, illusoriamente, di padroneggiare. Come scrive Maria Bolgiani: “Al cuore della psicoanalisi freudiana si trova infatti la constatazione fondata sull’esperienza clinica che «l’Io non è padrone neanche in casa propria». Padrone è piuttosto l’inconscio, che non solo non siamo in grado di governare ma di cui conosciamo assai poco. Si tratta di una constatazione di portata sovversiva”3.

L’inconscio, excentrico rispetto all’Io, la fa in barba ad ogni stima di sé bella o brutta che sia e, proprio per questo, ci sorprende con le sue formazioni, i suoi sintomi… Esso è piuttosto un effetto/affetto del significante che buca l’immagine narcisistica dell’Io; più che vedersi, l’inconscio si ode e si gode. In quella palestra transferale che è l’analisi, il compito dell’analista è di far sì che che il soggetto possa riconoscere nell’inconscio il suo personal trainer al fine di sintonizzarsi su questo lavor-Io dell’inconscio. In un battito, possiamo così venire a sapere che l’Io in fondo non è che la risultante di queste identificazioni inconsce che, a nostra insaputa ma non senza un nostro consenso, ci hanno marchiato in maniera indelebile: “le parole fondatrici, che avvolgono il soggetto, sono tutto ciò che l’ha costituito, i genitori, i vicini, tutta la struttura della comunità, e non solamente costituito in quanto simbolo, ma costituito nel suo essere”4. Il soggetto inconscio, a differenza dell’Io sempre a rischio di prendersi per un oggetto, per un’auto, è piuttosto caratterialmente inestimabile e radicalmente etero. Prodigarsi a nutrire l’autostima va nella direzione di consolidare l’Io e le sue difese e, in ultima istanza, il sintomo in quanto l’Io, come ci ricorda Lacan, è il sintomo umano per eccellenza, la “malattia mentale dell’uomo”.

Al rovescio, potremmo considerare l’entrata in analisi il passaggio dall’auto stima alla stima dell’Altro, dell’altra scena a cui Freud dà il nome di inconscio. In altre parole: “Lasciate l’autostima, voi che entrate”.

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[1] J. Lacan, L’Io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi (1954-1955), Il Seminario, Libro II, Einaudi, Torino, 1991, p. 35.

[2] S. Freud, Lettere a Wilhelm Fliess, in Epistolari, Einaudi, Torino, 1986, p. 321.

[3] M. Bolgiani (a cura di), L’Io nella teoria e nella tecnica della psicoanalisi, Antigone, Torino, 2015, p. 18.

[4] J. Lacan, L’Io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, op. cit., p. 25.