In occasione della pubblicazione del 14esimo seminario dello psicoanalista, intervista a Jacques-Alain Miller, suo allievo, genero e il solo abilitato dallo stesso maestro a trascrivere i suoi celebri corsi.1

Di Frédéric Roussel

Dieci anni sono trascorsi dall’ultima edizione del seminario annuale di Lacan, il Desiderio e la sua interpretazione, l’unico seminario pubblicato dalla casa editrice La Martinière. Più di quarant’anni dalla scomparsa dello psicoanalista il 9 settembre 1981. Il ritorno di Lacan dopo tutto questo tempo, e presso il suo editore d’origine, Le Seuil, si segnala con la Logica del fantasma, del 1966-1967, 14esimo dei 25 dispensati dal 1953 al 1980. Grande ordinatore di questo cantiere ancora incompiuto, Jacques-Alain Miller, genero di Jacques Lacan e presidente dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi (AMP), ne spiega la portata e la sua attualità.

Come è cominciata la pubblicazione dei seminari?

Lacan si è sempre rifiutato di pubblicarli. Alcuni suoi allievi, che avevano tentato di metterli in forma, riassumevano le lezioni a volte integrandole con proprie elucubrazioni. Ho detto a Lacan, che mi interrogava a questo proposito: “Oh, si dovrebbe tenere tutto, riprendere la dattilografia frase per frase, parola per parola, e non aggiungere nulla, se non mettere dei titoli, distinguere delle parti, apporre degli eserghi”. Lacan ha avuto allora una vera parola di analista che mi ha punto sul vivo: «Lo provi!». Ho scelto di trascrivere l’11esimo seminario, il primo che avevo seguito, I Quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, che è stato pubblicato per Seuil nel 1973. Il mio modo gli è andato bene. Poi, ha rifiutato tutti i nomi che gli proponevo per continuare il lavoro. Alla fine, esasperato, ho detto: “Ve li farò tutti”. Si è alzato, mi ha messo la mano sulla spalla, ed è partito senza una parola. Ho deciso di trascrivere in seguito il primo seminario e il 20, l’ultimo in ordine di tempo all’epoca.

Cinquant’anni dopo, a che punto è in questa corsa contro il tempo?

Rimangono sei volumi, redatti fino all’ultimo. Se dovessi scomparire nel frattempo, tutto è a posto, da cui la mia serenità.

Ma devono averle messo fretta spesso…

Mi sono preso il tempo di esercitare la psicoanalisi, di tenere un corso per trent’anni e di creare l’AMP. Mi hanno messo fretta in passato, proprio all’inizio. Avrebbero voluto che liquidassi il lavoro in fretta, ma nessuno mi ha disturbato. C’è già così tanto da fare con i 17 seminari pubblicati…

Da cosa è partito per la loro redazione?

Dai testi che erano stati dattilografati a partire dalla stenografia. É ciò di cui disponeva Lacan. Al 5 di rue de Lille, c’era un piccolo armadio pieno di dossier contenenti i dattiloscritti. Lacan li prestava in modo molto parsimonioso. Gloria, la sua fedele segretaria, mi ha detto che una volta, in piedi davanti all’armadio, lo aveva sentito sospirare, “Chi si occuperà di tutto questo?”.

Perché questo 14esimo seminario è pubblicato dopo il 16esimo o il 17esimo?

È una mia fantasia. È sempre stato così, anche quando era vivo Lacan. Questo seminario è il suo atelier, segue più fili contemporaneamente, e il punto di vista si sposta lezione dopo lezione. Segna anche una inflessione, poiché è in quel momento che Lacan si mette a dare alla logica un’importanza fondamentale. E poi, La logica del fantasma, cosi come quello successivo con cui fa coppia, l’Atto psicoanalitico, mi interessava particolarmente in questo momento. In effetti, tra i due, Lacan ha introdotto la sua procedura della passe, la verifica della fine dell’analisi. Ora, intorno a questo dispositivo, ci sono stati, da due anni, molti dibattiti all’École de la Cause freudienne di cui faccio parte e nell’AMP. Pubblicare i seminari 14 e 15, quest’ultimo programmato per uscire tra un anno, risponde anche a questa attualità.

L’uso di formule matematiche rende ardua la sua lettura.

Si, ma sa, sono solo parodie. Lacan aveva un tropismo matematico. È una delle sue singolarità: mettere in formula, in “matemi” diceva, i principali concetti di Freud e i propri. Ne La logica del fantasma, gli oggetti matematici non sono lì solo per illustrare il suo pensiero, essi lo guidano, lo ispirano, sono dei mezzi d’invenzione. Quello che è difficile è che questi simboli sono fatti per ricevere, secondo il contesto, significati diversi, certo presi nella stessa struttura. Non sono affatto univoci diversamente dai simboli matematici. Non hanno lo stesso senso qui o là. È necessario ogni volta un grande sforzo per districarsi.

Che cos’è “la logica del fantasma”?

Non lo si apprenderà in questo libro. Lacan vi elabora soprattutto una dialettica dell’atto sessuale. Si accanisce a trovarne la formula. E con l’aiuto del Numero aureo, scusate se è poco! Dovrà rassegnarsi a constatare il suo scacco.

Vale a dire?

L’espressione “atto sessuale” è mutuata dal linguaggio comune. Ma, come lo intende Lacan, un vero e proprio atto cambia il soggetto, lo tira fuori dalla sua indeterminazione, gli conferisce una nuova identità. Così Lacan comincia mettendo in valore, nell’atto sessuale, la sua qualità di atto. Esso rivelerebbe l’essenza di ciò che significa essere un uomo, essere una donna. Sarebbe il momento in cui l’uno e l’altro sarebbero pienamente quello che sono. Ora, con sorpresa generale – ho assistito a quel seminario – ci si trova di fronte a un ribaltamento! Ecco Lacan che lancia: “Non c’è atto sessuale”. Ciò significa che, contrariamente a quello che pensava prima, è stato condotto a concludere che l’atto sessuale non aveva le proprietà caratteristiche di un atto, che non assicura affatto la donna e l’uomo di disporre ognuno di un’essenza determinata, anche se a livello dei gameti e dei cromosomi. Ci sono due sessi perfettamente differenziati. Lo dice in un altro seminario. Ci sono solo due sessi, anche se si vuole ad ogni costo aggiungervi gli Alverniati! Ma questo è il reale nel senso della biologia. Il reale nel senso della psicoanalisi è tutt’altro, è il fatto che il femminile e il maschile non possono mai essere definiti in modo univoco a livello dell’inconscio. Le loro definizioni, in effetti, sono confuse da identificazioni plurali, contingenti e contradditorie. A differenza degli animali, il partner non è mai specificato, e l’accoppiamento comporta sempre qualche forma di cilecca. L’esperienza comune della sessualità – combattuta, spesso e volentieri colpevole, capricciosa e talvolta “fluida” come si direbbe oggi – non mostra nulla di equivalente al binarismo biologico, che è immutabile e inerte. Lacan sottolinea nel seminario “l’abisso” che vi è tra i due.

Questo seminario può servire rispetto agli interrogativi contemporanei?   

È quello che penso. Per esempio, quello che le ho appena esposto, in un certo senso, è la condizione di possibilità del fenomeno trans. A questo si aggiunge il fatto che Lacan considera il corpo come la prima superficie d’iscrizione, fatta per essere segnata, in particolare incisa. Sottolinea la pregnanza del fantasma del corpo in frammenti. In breve, dice, l’essere parlante ha un rapporto fondamentalmente disturbato con il proprio corpo. Qui viene meno ogni norma, si constata una discontinuità radicale tra il soggetto e il corpo, non c’è nessuna armonia nativa. In breve, a mio avviso, e per quanto sorprendente possa essere, è impossibile concettualizzare la transizione senza passare tramite Lacan. È nel buco scavato dall’assenza dell’atto sessuale che proliferano i generi.

Cosa constata quando riceve?

Che da tre o quattro anni, gli psicoanalisti vedono arrivare da loro, in gran numero, soggetti presi da una problematica trans, e che vorrebbero sapere cosa aspettarsi rispetto a ciò che li tormenta. La Solution trans, che abbiamo appena pubblicato da Navarin, espone cinque casi di transizione. Ebbene, ce n’è uno il cui rapporto con l’analista si estende su dieci anni, e si segue passo dopo passo il suo cammino, che lo conduce a una chirurgia.  L’essenziale per noi è che il soggetto abbia completato il suo percorso di parola, che abbia chiarificato il suo desiderio o la sua convinzione, dopodiché la scelta è sua. Si vedono soggetti in difficoltà che trovano nella transizione un sollievo e la loro definizione particolare in quanto esseri sessuati.

Gli attivisti trans, invece, promuovono una “identità di genere” che sarebbe intima, innata e definitiva. Il soggetto sarebbe l’unico a sapere nel suo intimo chi è in quanto sessuato. In sintesi, “sono quello che dico che sono”, ogni trans è trasparente a se stesso. Quindi, essi esigono una transizione immediata, e ad ogni età, non appena un soggetto, anche bambino, si dice a disagio con il proprio corpo. È la famosa “autodeterminazione di genere” sulla quale, nei paesi occidentali, i poteri pubblici si allineano progressivamente. É una cosa che durerà? Sono aperte le scommesse. Ad ogni modo, è l’esatto opposto della psicoanalisi, il cui atto si fonda sull’interpretazione, vale a dire sul fatto che il soggetto è opaco a se stesso e non sa davvero cosa dice di sé.

Dove si svolgeva il seminario?

A Sainte-Anne per i primi dieci. A causa del suo conflitto con l’Associazione Internazionale di Psicoanalisi (IPA), Lacan decide di lasciare l’ospedale per l’università, l’École Normale Supérieure dove lo aveva invitato Althusser. Dopo il ’68, considerato uno dei responsabili della rivolta giovanile, viene cacciato dalla rue d’Ulm. Trova allora rifugio alla facoltà di diritto del Panthéon. A Saint-Anne aveva 100 uditori, psicoanalisti e psichiatri; ne aveva 300 all’École Normale, con gli studenti e i passanti del Quartiere latino, e circa 1.000 alla facoltà di diritto, un pubblico inafferrabile, barocco, spesso mondano. Lui stesso s’interrogava su quella strana affluenza. Il gruppo Psychanalyse et politique, più tardi MLF, Movimento di Liberazione delle Donne, si formò attorno a Lacan e alla sua dottrina del godimento femminile, come veniva esposta nel suo seminario 20. Oggi scommetto che avrebbe fatto il necessario per mantenere il contatto con una parte almeno degli LGBTQ+.

Ci sono oggi figure della sua statura?       

No, si saprebbe. Ai bordi di una disciplina, si scoprono molte cose, e questo si assottiglia, si complica nel corso del tempo. Attorno a Freud c’erano persone che Lacan riteneva non essere di prima qualità, ma erano comunque degli esploratori. Alla sua epoca, in Francia, lui era già un’eccezione. Quando era vivo, sconvolgeva l’ambito psicoanalitico, lo gettava in uno stato tempestoso, attraversato da tensioni, bufere, scissioni. Oggi, senza di lui, è calma piatta.

Si annoia?

Sì, lo scontro mi manca. A parte questo, la pratica analitica riserva sempre delle sorprese.

Traduzione: Rachele Giuntoli e Adele Succetti

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[1] Articolo pubblicato su Libération il 2 marzo 2023.